francescanesimo

Il saggio di Massimo Cacciari, Doppio ritratto, San Francesco in Dante e Giotto, Adelphi 20012, euro 7, si presenta nella forma di un libro minuscolo che anche per la veste grafica invita alla lettura: sono pagine molto dense, con qualche termine poco usuale (ma un clic in internet o un buon vecchio vocabolario diradano rapidamente ogni oscurità). Sono in realtà tre i ritratti che emergono. Come spiega lo stesso Cacciari i ritratti disegnati da Dante e Giotto - l'autore si lascia guidare dagli studi di Auerbach su Dante e da quelli di storici dell'arte e storici per quanto riguarda gli affreschi - sono antitetici e mostrano un Francesco aggiornato alla visione storico politica che al loro tempo i due artisti vollero fornire. Più precisamente, “sono poderose e tendenziose ricostruzioni, espressione di progetti religiosi, teologici, politici che costituiscono la storia reale che da Francesco si genera” (pp. 76-77). Nel ciclo francescano della Basilica superiore ad esempio sono assenti la Povertà e i poveri, compagni di vita del santo. Come nota acutamente Cacciari nella vela della Basilica inferiore Francesco sposa la Povertà in abiti laceri e rappezzati, ma il suo saio è perfetto, di buona e abbondante stoffa.

C'è infine il terzo ritratto, quello disegnato da Cacciari, un ritratto filosofico secondo cui il tratto precipuo della santità di Francesco è proprio la povertà, intesa però come imitazione della kénosi divina in riferimento alla lettera di Paolo ai Filippesi; Dio si manifesta nell'abbassarsi: Cristo, facendosi uomo si svuota della sua gloria (Fil. 2,6).

Francesco vuole privarsi di tutto, per essere pronto a comprendere in sé l'altro, ogni prossimo, persegue una povertà che include l'abolizione di qualsiasi traccia di auto-compiacimento, di auto-stima. Per questo, secondo Cacciari, oggi è molto difficile incontrare un vero povero.