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San Francesco e il suo viaggio verso sud

Vincenzo Napolillo YouReporter
Pubblicato il 12-10-2020

Il Santo s’incamminò, nel 1222, verso il Santuario di S. Michele Arcangelo

Fra Tommaso da Celano assicurava, nella Vita di S. Francesco d’Assisi e Trattato dei miracoli, che il «Frate poverello» aveva una particolare devozione agli Angeli: «Diceva che essi devono essere venerati come compagni, e non meno invocati come custodi» e spesso ripeteva che «il beato Michele doversi onorare ancor più, giacché ha l’ufficio di condurre le anime a Dio».

Si spiega perché Francesco, nell’esercizio della sua missione e regola di vita religiosa fondata sull’imitazione della vita di Cristo (fu definito «alter Christus»), s’incamminò, nel 1222, verso il Santuario di S. Michele Arcangelo, uno dei principali di tutta la cristianità. Spesso dormiva sotto le stelle. Luca Wadding, negli Annales Ordinis Minorum, colmando una lacuna nella biografia del Santo della povertà, indicò (non sempre con precisione storica e geografica) i luoghi nei quali il Patriarca, spargendo il sacro seme di pace e di bene, istituì conventi francescani e toccò i cuori della gente con prediche e prodigi. L’annalista “Hispano” non tenne conto, fissando l’incontro di due Santi al 1222, che S. Anastasio, vescovo di Penne, morì nel 1215.

Una epigrafe attesta: «Coelitus admonitus Praesul Pennensis, it ultro: / Complexusque Patrem, dat quoque sponte locum». Francesco si recò da Roma al Sacro Speco di S. Benedetto a Subiaco. Procedendo intrepido e munito dello scudo della fede, arrivò poi a Gaeta, dove salì in barca, per non essere toccato dalla folla osannante, e fece tornare in vita un bambino nascosto in una cassa da una serva. Prima di allontanarsi acconsentì di fare costruire una chiesa dai suoi «soci».

L’uomo santo passò, portando la parola del Vangelo, a Mondragone, e a Carinola fondò un luogo, ossia un “minuscolo convento”, sotto l’invocazione di San Giovanni Battista. Suo padre, Pietro di Bernardone per la devozione al precursore di Cristo chiamò il figlio Giovanni Battista, che ebbe poi mutato il nome in Francesco, significante «francese», a ricordare la terra dove il mercante di panni faceva lucrosi viaggi. Percorrendo la via Appia, Francesco entrò in Capua, dove trasse in salvo una donna che stava annegando nel fiume Volturno e trasformò l’abbazia di S. Benedetto in ospizio per i suoi «Fratelli Minori», col contributo dei nobili della famiglia Cajazzo.

Iniziò la costruzione di un luogo a Miniano (Mignano) e un altro a Maddaloni. L’uomo di Dio (divinus) fondò nella città di Napoli un luogo di preghiera e di riparo, dove ora è il Castel Nuovo. Raggiunse Amalfi, che conservava il corpo di S. Andrea, traslato da Costantinopoli dal cardinale Pietro Capuano (1206). Il luogo occupato da Francesco porta il suo nome. Ad Agropoli, che in quel tempo apparteneva alla Lucania, predicò la verità evangelica agli abitanti «duri di cuore».

Dallo scoglio del «Sinus Pestanus» fu udito meglio dai pesci che dagli uomini «di costumi sciolti». Wadding scrive a pag. 279 che Francesco, andando in Puglia, si fermò a Montella dove «fece a quel popolo molti devoti sermoni, infiammandolo all’osservanza dei divini precetti (…). Provò la generosità di Montella, oppido insigne col titolo di Contea, nella regione dei Sanniti, non lontano da Benevento, alla destra del fiume Calore, la quale con grande generosità offrì ai suoi ampia ospitalità, che egli non rifiutò». Francesco lasciò a Montella due fraticelli, che eressero un convento nel posto in cui egli s’era riparato, mentre nevicava, sotto un’elce del bosco frequentato da ladri di strada. L’elce si trovava dove adesso è l’altare maggiore. La chiesa fu dedicata all’Annunziata con facciata rivolta a ponente. La costruzione dell’attuale chiesa di San Francesco a Folloni, iniziata da Fra Benedetto Carfagna nel 1743, s’affaccia a mezzogiorno.

Da Camarda (detta poi Bernalda), dove cominciò la costruzione di un convento, partì per Oria, nel Salento. A Gioia del Colle eresse un altro convento, colmato dai benefici di Niccolò D’Andreano, padre di Luca. Nella città di Bari, Francesco incontrò Federico II di Svevia, che lo fece tentare da una bella donna, mentre l’imperatore cinicamente spiava dal buco della porta. Il sant’uomo respinse le insidie della carne; e per non commettere peccato di lussuria sparse dei carboni ardenti sul pavimento e invitò la donna a giacere al suo fianco, mettendola in fuga precipitosa.

Nella Puglia Daunia, Francesco salì al Santuario di Monte Sant’Angelo, eretto dal vescovo di Siponto, Lorenzo Maiorano, sulle prime pendici del Gargano. Sostò in preghiera all’ingresso della grotta, poiché non volle entrare nella cripta dicendo: «Non ardisco d’andare più avanti nella casa degli Angeli».

Al ritorno dalla Puglia, acquisì tre conventi: uno ad Acqua putrida (Mirabella Eclano), l’altro ad Avellino, il terzo di Santa Maria dell’Oliva ad Apice, di cui era Signore Raone di Balbano, conte di Conza. Logorato da penitenze e malattie, si ritirò, nel 1223, sul monte della Verna, dove l’anno dopo ricevette le stimmate. Nello stesso anno venne approvata la regola definitiva. Autorizzò quindi la fondazione della prima scuola di teologia a Bologna, affidandone la guida a S. Antonio di Padova.

Nel suo romitorio pregava, cantava, scriveva versi (il «Cantico di Frate Sole») e molte lettere a re e principi per annunciare la pace. Tornato ad Assisi già cieco, Francesco si spense alla Porziuncola, il 4 ottobre 1226, all’età di 44 anni, salutato da un volo di trillanti allodole. Fu canonizzato nel 1228 dal papa Gregorio IX.

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