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Per chi suona la campana? - Il nostro reportage da Accumoli

Redazione Andrea Cova
Pubblicato il 23-12-2019

Un racconto sul Natale nelle zone della provincia di Rieti colpite dal terremoto nel 2016

«La campana significa che c’è qualcuno che chiama, che non sei solo». Accumoli, provincia di Rieti. Tre anni e qualche mese da quella scossa che portò via un paese intero. Una delle immagini che restano di quel terremoto è il campanile, che venne giù portando con sé l’essenza del borgo immerso negli Appennini reatini: «Il simbolo del paese - ci racconta fra Carmelo - era la campana, scandiva le ore del giorno». Ed è per questo che prima di Natale, la diocesi ha fatto installare una nuova campana, in legno, accanto alla chiesa prefabbricata. «Un segno di protezione e di appartenenza per l’intera comunità», spiega fra Carmelo.

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Accumoli oggi è ancora zona rossa, inaccessibile. I pochi abitanti rimasti sono stati trasferiti alla “new town”, proseguendo la strada, due curve più in là. Qualche fila di casette - soluzioni abitative di emergenza - un piazzale con una statua in travertino a forma di mani giunte, dedicata ai caduti del sisma, la chiesetta e, ora, una campana. Per fra Carmelo, pugliese ed ex missionario in Africa, è il primo Natale fra i terremotati: «Credo nella condivisione, con cui si possono affrontare situazioni di disagio. Vivere insieme come punto di forza, incoraggiarci, non sentirsi soli: le difficoltà vengono e vanno, ma noi rimaniamo».

Carmelo e Mimmo, i due frati francescani, sono un punto di riferimento per chi vive nella “nuova” Accumoli. Donne e uomini per lo più anziani, soli. Silvia ha più di 90 anni e accoglie con il calore di una nonna chi bussa alla sua porta. Non sente bene: «Quando ha fatto il terremoto ho avuto una gran paura. Urlavo, urlavo. Invocavo Sant’Emidio - racconta - Ora ho perso in gran parte l’udito, ma almeno sono salva: Sant’Emidio ha ascoltato le mie preghiere». Oltre alle abitazioni, alle chiese, alle scuole, con le scosse del 24 agosto 2016 sono andate perdute le piccole tradizioni che scandivano la quotidianità. «Sono contenta che abbiamo una chiesa sempre aperta e i frati a farci compagnia - continua Silvia - ma quanto mi è mancato il suono della campana!». Lungo il viale un vecchio signore cammina tentennando, sorretto dal suo fedele bastone. Marco, con un grande sorriso sul volto e un berretto sulla nuca, non si lamenta della nuova vita nelle casette: «Qui stiamo bene, al caldo. E soprattutto è inutile pensare alla mia vecchia casa…», si interrompe con una risata. Tutti qui sono convinti che non vivranno abbastanza da poter vedere ricostruito il borgo. E in ogni caso «io non ci ritornerei, ho avuto troppa paura», dice Silvia.

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Il Natale degli abitanti delle zone terremotate del Centro Italia è "in chiaroscuro" secondo monsignor Pompili, vescovo di Rieti. «Si comincia a intravedere qualche segnale di ricostruzione, ma siamo ben lontani dalla mèta», dice. E se sono sempre di più coloro che decidono di abbandonare queste terre o l'hanno già fatto da tempo, la Chiesa invece «sta, è rimasta. Continuiamo ad animare la comunità, cerchiamo di proporre iniziative culturali e diamo il nostro apporto per quanto riguarda l'ambito economico e quello della ricostruzione». A partire dalle piccole grandi cose. Come la campana tornata a suonare ad Accumoli.

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di Francesco Bonaduce, Andrea Cova, Roberto Pacilio, Selene Rinaldi, Irene Roberti Vittory

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