Serie TV

Episodio 28: Le due anime

Eugenio Bonanata e Daniele D’Elia Telepace
Pubblicato il 28-10-2021

A cinque chilometri da Assisi si trova l'Eremo delle Carceri. È un antico romitorio, immerso nel verde della boscaglia di faggi e lecci. Ed è un luogo di pace dove regna sovrano il silenzio. Il nome “de carceribus” deriva dalla conformazione di alcuni tuguri, simili appunto a carceri, dove Francesco e alcuni dei suoi primi seguaci si ritiravano in contemplazione, per riservarsi lunghi periodi di preghiera, lontani “dalle visite e dal disturbo degli uomini” e per custodire una “quiete” che al Serafico era molto cara (FF, 479). Qui vi sono, infatti, le grotte dei primi compagni del poverello: Leone, Antonio da Stroncone, Bernardo, Egidio, Silvestro.

In questo luogo sarebbe nata una prima diatriba, tra i frati, sull'opportunità di prediligere una vita più “attiva” o più “contemplativa”. Sarebbe stata preferibile la tranquillità degli “eremi” o la fraternità sperimentabile nei conventi?

Il santo avrebbe chiesto consiglio, travagliato da questo quesito, a santa Chiara e a Silvestro, che, concordi, lo avrebbero esortato a dedicarsi alla predicazione e all'annuncio del Vangelo, ma opportunamente sostenuto dalla preghiera e dalla meditazione. Nelle fonti, esiste una “regola” su come debba essere condotta la “vita negli eremi”. Qui, sono impartite precise regole, ai frati che vi vogliono abitare: “siano tre frati o al più quattro”, leggiamo, e mentre due abbracciano “la vita di Marta”, gli altri due facciano “la vita di Maria”. Il richiamo è all'episodio evangelico di “Marta e Maria” dove Cristo offre un insegnamento sul prezioso equilibrio che deve essere mantenuto tra contemplazione e azione. L'una e l'altra strada, ricorda padre Enzo, debbono sempre conciliarsi e non esistono “sfaccendati” o “indaffarati”. Ognuno deve mettersi al servizio del Vangelo, con la propria sensibilità, e con i proprio “talenti”.

 

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