Serie TV

Episodio 12: Chiara

Eugenio Bonanata e Daniele D’Elia
Pubblicato il 12-10-2021

Una bella ragazza fugge dalla sua casa paterna



La Domenica delle Palme del 1212, una bella ragazza fugge dalla sua casa paterna per seguire l'esempio di Francesco. Si chiama Chiara Scifi ed appartiene all'influente famiglia degli Offreducci. I genitori sono entrambi “boni homines”, nobili d'Assisi.

Il suo principale biografo, Tommaso da Celano, riferisce: “abbandonati, dunque, casa, città e parenti” si dirige verso la chiesetta di Santa Maria della Porziuncola. E trova lì, in preghiera, i frati che la accolgono come sorella. Le fanno indossare un saio e le tagliano i capelli. Chiara ormai, sedotta dall'insegnamento del santo poverello considera ripugnante “l'eleganza degli ornamenti mondani” e per lei è “spazzatura ogni cosa che attira esternamente l'ammirazione“.

La fanciulla deve vincere, soprattutto, le resistenze della famiglia che a tutto è disposta, anche alla violenza, pur farla recedere da questa condizione di “umiliata bassezza”. Il suo coraggio è indomabile, ricorda padre Enzo.  Il suo animo non vacilla, e grazie alla sua fermezza ha inizio la storia del ramo femminile dell'ordine francescano. La notorietà di Chiara per le contrade d'Assisi è tale da scatenare “un accorrere da ogni parte di donne, dietro la fragranza del suo profumo”. Anche le sorelle Agnese e Beatrice e la madre Ortolana ne seguiranno le orme. Francesco da loro l'appellativo di “Povere Dame”, mentre oggi le conosciamo come “clarisse”.

È Chiara, probabilmente, la custode dell'ultimo abito del poverello che volle morire nudo, racconta padre Enzo. Le toppe cucite sulla tonaca, conservata ed esposta nel Sacro Convento, provengono tutte dal mantello della santa, che avrebbe abbellito il saio di  Francesco, divenuto ormai una reliquia dopo la sua morte.

 

Il papa Innocenzo IV, prima della morte di Chiara, conferma la regola da lei redatta. Con una solenne bolla datata 1253, le concede il “privilegio della povertà”.  Nel testamento della santa viene ricordato il desiderio del beato Francesco che “scelse per sé e per i suoi frati questa santa povertà del Figlio di Dio, né mai, finché visse, se ne allontanò in nessuna maniera, né con la parola né con la vita” (FF, 2837). La scelta, molto radicale per quell'epoca, era quella di “non ricevere o avere possessi o proprietà”. Il principale sostentamento dei monasteri proveniva dalle rendite di terreni e possedimenti.

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