Le visite dei pontefici
Nella Chiesa «è necessario che qualcuno si abbassi per mettersi al servizio dei fratelli lungo il cammino». «L'unico potere è quello della croce». Coloro che esercitano l'autorità si chiamano «”ministri” perché, secondo il significato originario della parola, sono i più piccoli tra tutti. È servendo il Popolo di Dio che ciascun Vescovo diviene, per la porzione del Gregge a lui affidata, vicario di quel Gesù che nell'ultima cena si è chinato a lavare i piedi degli apostoli». Mai dimenticarsi che per i discepoli di Cristo, «ieri oggi e sempre, l'unica autorità è quella del servizio». «Fin dall'inizio del mio ministero come Vescovo di Roma ho inteso valorizzare il Sinodo, che costituisce una delle eredità più preziose dell'ultima assise conciliare». «Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come battezzato tra i battezzati e dentro il Collegio episcopale come vescovo tra i vescovi, chiamato al contempo, come Successore dell'apostolo Pietro, a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell'amore tutte le Chiesa». «Il fatto che il Sinodo agisca sempre “cum Petro et sub Petro” non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell'unità». «Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio». Sono tutte affermazioni – potenti e chiarificatrici – che papa Francesco ha pronunciato questa mattina nell’aula «Paolo VI» concludendo la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi.
Ciò che Dio domanda «è già tutto contenuto nella parola "Sinodo"», ha evidenziato il Pontefice, ma «camminare insieme - Laici, Pastori, Vescovo di Roma- è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica».
Parlando del Sinodo sulla famiglia in corso, e del Sinodo straordinario del 2014, Francesco ha detto: «Come sarebbe stato possibile parlare della famiglia senza interpellare le famiglie, ascoltando le loro gioie e le loro speranze, i loro dolori e le loro angosce? Attraverso le risposte ai due questionari inviati alle Chiese particolari, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare almeno alcune di esse intorno a delle questioni che le toccano da vicino e su cui hanno tanto da dire». Perché «una Chiesa sinodale è una Chiesa dell'ascolto. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l'uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo».
Poi, Papa Bergoglio ha precisato: «Il fatto che il Sinodo agisca sempre cum Petro et sub Petro - dunque non solo cum Petro, ma anche sub Petro - non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell'unità. A ciò si collega il concetto di “ierarchica communio”, adoperato dal Concilio Vaticano II: i Vescovi sono congiunti con il Vescovo di Roma dal vincolo della comunione episcopale (cum Petro) e sono al tempo stesso gerarchicamente sottoposti a lui quale Capo del Collegio (sub Petro)».
La sinodalità, «come dimensione costitutiva della Chiesa, ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico. Se capiamo che, come dice San Giovanni Crisostomo, “Chiesa e Sinodo sono sinonimi” - perché la Chiesa non è altro che il "camminare insieme" del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore - capiamo pure che al suo interno nessuno può essere "elevato" al di sopra degli altri. Al contrario, nella Chiesa è necessario che qualcuno "si abbassi" per mettersi al servizio dei fratelli lungo il cammino».
E nella Chiesa, «come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base. Per questo coloro che esercitano l'autorità si chiamano "ministri": perché, secondo il significato originario della parola, sono i più piccoli tra tutti. È servendo il Popolo di Dio che ciascun Vescovo diviene, per la porzione del Gregge a lui affidata, vicarius Christi, vicario di quel Gesù che nell'ultima cena si è chinato a lavare i piedi degli apostoli. E, in un simile orizzonte, lo stesso Successore di Pietro altri non è che il servus servorum Dei». Non bisogna dimenticare che «per i discepoli di Gesù, ieri oggi e sempre, l'unica autorità è l'autorità del servizio, l'unico potere è il potere della croce, secondo le parole del Maestro: “Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo”». Il Papa ha sottolineato: «Tra voi non sarà così: in quest'espressione raggiungiamo il cuore stesso del mistero della Chiesa e riceviamo la luce necessaria per comprendere il servizio gerarchico».
E in una Chiesa sinodale «non è opportuno – ha ribadito Francesco - che il Papa sostituisca gli Episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori. In questo senso, avverto la necessità di procedere in una salutare "decentralizzazione"».
Il Pontefice argentino è convinto «che, in una Chiesa sinodale, anche l'esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce. Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come Battezzato tra i Battezzati e dentro il Collegio episcopale come Vescovo tra i Vescovi, chiamato al contempo - come Successore dell'apostolo Pietro - a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell'amore tutte le Chiese». Non è tutto: «Mentre ribadisco la necessità e l'urgenza di pensare a “una conversione del papato”, volentieri ripeto le parole del mio predecessore il Papa Giovanni Paolo II: “Quale Vescovo di Roma so bene [...] che la comunione piena e visibile di tutte le comunità, nelle quali in virtù della fedeltà di Dio abita il suo Spirito, è il desiderio ardente di Cristo. Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare, soprattutto nel constatare l'aspirazione ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova”».
L’evento era iniziato con l’introduzione del segretario generale del Sinodo dei Vescovi, cardinale Lorenzo Baldisseri, e la relazione commemorativa del cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza episcopale dell’Austria, che ha puntualizzato: «Lo scopo dei dibattiti, lo scopo dei testimoni è il discernimento comune del volere di Dio. Anche quando si vota (come alla fine di ogni sinodo), non si tratta di lotte di potere, di formazioni di partiti (di cui poi i media con piacere riferiscono), ma di questo processo di formazione comunionale del giudizio». E «l'esito infine, così speriamo, non è un compromesso politico su un minimo comune denominatore, bensì questo “valore-aggiunto”, questo plusvalore che dona lo Spirito Santo, così da poter dire, a conclusione: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi”».
«Da 50 anni - ha osservato Schönborn - è posta ripetutamente la domanda se il Sinodo debba avere non solo un “voto consultativo” ma anche un “voto deliberativo”. Ma i vescovi non sono rappresentanti come i deputati in parlamento. Rappresentanza ha un significato diverso nella struttura ecclesiale retta dal principio di comunione e conosciuto per fede. La fede però non può essere rappresentata ma solo testimoniata». Lo scopo «dei dibattiti – ha concluso - lo scopo dei testimoni è il discernimento comune del volere di Dio». (Vatican Insider)
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