religione

San Valentino: L’inno all’amore di San Paolo

Antonio Tarallo
Pubblicato il 13-02-2021

La prosa dell’Apostolo delle genti

Carità, il termine religioso per indicare Amore. Lo conosciamo un po’ tutti il famoso “Inno all’Amore” o “Inno alla Carità”: l’apostolo Paolo, riesce, con il suo stile impeccabile, a descrivere quell’Infinito che proprio nell’Amore è posto.

I tratti sono sfumati, eppure incisivi. E’ l’Amore. Necessario fare una regressione storica per comprendere l’importanza di questo testo che - a distanza di secoli - ancora ci interroga. Ci pone di fronte delle domande esistenziali sul nostro vivere l’Amore. Bisogna precisare che quando apparve sulla scena del mondo, l'amore aveva avuto già diversi cantori. Basterebbe citare gli innumerevoli versi greci o romani, o anche - primo fra tutti - il “Simposio” di Platone.

Il nome consueto dell'amore era “eros”: da questo termine, il nostro “erotico” ed “erotismo”. Ma il termine non era proprio ciò che la novità del Cristianesimo aveva da dire al mondo: questo amore passionale di ricerca e di desiderio non bastava a esprimere la novità del concetto biblico. Per questi motivi, evitò del tutto il termine “eros”. A questo, sostituì quello di “agape”. Senza entrare in discorsi filosofici ed etimologici, potremmo tradurre tale parola con “carità”.

In questo caso, però, importante precisare che l’evoluzione del sostantivo - soprattutto nel nostro tempo presente - ha preso una connotazione non del tutto inerente al “vero” e “ proprio” senso di agape. Abbiamo “ristretto il campo”, così si potrebbe dire. Quando pensiamo a “carità” ci vengono in mente, subito, “opere di carità”. Eppure è lo stesso Paolo a indicarci che la carità "rimane", anzi è l'unica cosa che rimane in eterno, anche dopo che saranno cessate la fede e la speranza.

In sintesi: agape avrebbe un senso assai più ampio, più inclusivo, in un certo senso. Forse neanche potremmo bene descriverlo visto la sua complessità. Ciò che sappiamo è che san Paolo compone il più bel trattato dell’amore del Nuovo Testamento. E lo fa servendosi sì della prosa, ma una prosa che diviene poesia. Versi che riescono a mettere in luce il primato della carità sulle virtù umane e cristiane. Tutto non ha senso, senza agape. Senza la carità. senza l’Amore. Ed è proprio così.

Per ognuno di noi. Ma, forse, è bene ora lasciare che lo stesso Paolo, ci “istruisca” sull’Amore: Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi gioverebbe.

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine”.

Non ha fine, l’Amore. No, non potrà mai - infatti - avere fine. Così come Dio. Perché lo sappiamo bene: “dov’è Carità, è Amore, lì c’è Dio”.

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