religione

San Biagio, il santo della gola

Antonio Tarallo
Pubblicato il 03-02-2020

La tradizionale benedizione con le candele

Il giorno dopo la cosiddetta “Festa della Candelora” viene celebrato San Biagio. Le due feste sono ben distinte, precisiamo subito. Ma c’è un simbolo che - in una certa misura - le lega: è la candela. Ieri, andando alla celebrazione, abbiamo ricevuto tutti questo simbolo importante, metafora della Luce di Cristo, “venuto ad illuminare il mondo”. Ma cerchiamo di comprendere perchè oggi, dopo la celebrazione della messa, c'è un rito così particolare come “la benedizione della gola”. Cominciamo con la storia del santo di cui poco si sa. Infatti, le notizie biografiche che lo riguardano si possono riscontrare, per la maggior parte, nell’agiografia di Camillo Tutini, storico italiano del Cinquecento, che raccolse alcune testimonianze tramandate solamente oralmente.

La vita di San Biagio
San Biagio fu medico e vescovo di Sebaste, in Armenia. Il suo martirio è avvenuto durante le persecuzioni dei cristiani intorno al 316, nel corso dello scontro tra gli imperatori Costantino (Occidente) e Licino (Oriente). Una volta catturato dai Romani, fu picchiato e scorticato vivo con dei pettini di ferro, gli stessi usati per cardare la lana. Infine, fu decapitato per aver rifiutato di abiurare la propria fede in Cristo.
Si tratta di un Santo conosciuto e venerato sia in Occidente che in Oriente. Il corpo di Biagio è stato deposto nella cattedrale di Sebaste. Ma, nel 732, una parte dei resti mortali venne imbarcata da alcuni cristiani armeni per essere portata a Roma. Una improvvisa tempesta troncò però il loro viaggio. Si fermarono a Maratea, in Basilicata. Fu qui che i fedeli accolsero le reliquie del santo in una chiesetta, che poi diverrà l’attuale basilica, sull’altura detta ora Monte San Biagio. Su questa vetta fu eretta nel 1963 la grande statua del Redentore, alta 21 metri.

La tradizione della benedizione della gola
È ormai tradizione introdurre, nel mezzo della celebrazione liturgica della festa del santo, una speciale benedizione alle “gole” dei fedeli, impartita dal parroco incrociando due candele appoggiate sulla gola del fedele. Anticamente si usava olio benedetto. Ezio di Amida, medico vissuto nel VI secolo, suggeriva proprio questa particolare “pratica” ai dottori dell’epoca, per curare ogni sorta di male alla gola.
Nel suo testo “Medicinales” troviamo queste osservazioni: “Se la spina o l'osso non volesse uscire fuori, volgiti all'ammalato e digli 'Esci fuori, osso, se pure sei osso, o checché sii: esci come Lazzaro alla voce di Cristo uscì dal sepolcro, e Giona dal ventre della balena'". Oppure, fatto sull'ammalato il segno della croce, si proferivano le parole che Biagio martire usava dire in simili casi: “O ascendi o discendi”. Ma da dove prende origine questo rito? La leggenda ci narra che San Biagio incontrò una donna con in braccio il suo piccolo figlio, quasi morente per soffocamento. Il bambino aveva ingoiato una lisca di pesce. San Biagio, con il solo segno della croce, liberò la gola del bambino. E così, fu salvo.

Le altre tradizioni popolari
Ci sono anche altre interessanti tradizioni popolari, quindi non prettamente “religiose”, che si sono tramandate nel tempo in occasione dei festeggiamenti del santo martire. A Milano, ad esempio, è consuetudine mangiare appositamente i resti dei panettoni avanzati dal Natale. Poi, ci sono altre tradizioni della cucina campana. Ad esempio a Lanzara, una cittadina della provincia di Salerno, vengono cucinate le famose “polpette di San Biagio”. Nella città di Salemi, visto che il santo nel 1542 salvò la popolazione da una grave carestia causata da un’invasione di cavallette che distrusse i raccolti nelle campagne, si preparano dei piccoli pani chiamati “cavadduzzi”, letteralmente “cavallette”, per ricordare il miracolo.

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