religione

Natività del '500 di Manduria

Redazione Cosimo Caforio
Pubblicato il 16-12-2020

Il presepe si caratterizza per una particolare relazione tra figure

Nella Chiesa Madre o Collegiata della S.ma Trinità di Manduria sono conservate tre belle statuette appartenute ad un presepe in pietra, databili intorno alla metà del ‘500. Si tratta di tre immagini litiche riproducenti i personaggi della Sacra Famiglia di Nazareth (Gesù Bambino, S.Giuseppe e la Madonna) che, dopo il restauro di alcuni anni addietro, hanno trovato stabile collocazione nella cappella accanto al battistero.

Prima erano conservate nella cripta della chiesa (o “Confessione”), in una nicchia ricavata là dove vi era stato il terzo altare del vano ipogeo. Ma, in origine, il gruppo di statue (insieme ad altre non più esistenti dell’artistico presepe) aveva ornato l’altare dell’antica cappella del SS. Sacramento. Questo era ubicato dove oggi si trova l’arcone d’ingresso al cappellone omonimo, edificato nel XVIII secolo, e fu demolito quando fu costruito quest’ultimo. 

A partire da quel momento (anno 1709 circa) iniziò l’esodo delle statue superstiti del presepe: daprima furono spostate nella cripta, già adibita ad oratorio della scomparsa Confraternita della Madonna di Loreto (luogo in cui, tra l’altro, si svolgeva la tradizionale novena mattutina di Natale, che ancor’oggi si celebra nella chiesa superiore all’alba) e, da alcuni anni, nella collocazione attuale.

Dal punto di vista iconografico il presepe, i cui personaggi sono ora ridotti all’essenziale, si caratterizza per la particolare relazione esistente tra le figure. Si nota infatti il contrasto fra la Vergine, che l’ignoto artista ha raffigurato in una posizione ancora tradizionale, rigida e statica (genuflessa in adorazione, a mani giunte), e San Giuseppe, a cui, invece, ha inteso conferire un’espressione languida e meditativa, quasi a voler cogliere il santo nell’atto di riflettere sul grande mistero della sua paternità putativa.  

Insolita, se non proprio unica, è la posa di quest’ultimo: il personaggio, che in altri presepi dell’epoca è raffigurato in atteggiamento adorante, qui, invece, è seduto, con il mento poggiato sulla mano destra, indossa un originale copricapo a turbante che conferisce al costume una vaga nota di esotismo. Il Bambino, tondo e paffuto, è adagiato in una culla di vimini intrecciati.   

Per la datazione storica, lo storico locale sac. Leonardo Tarentini, vissuto nella seconda metà dell’800, attribuisce al gruppo manifattura molto antica: “…queste sculture ricordano la fondazione della parrocchia e prima che fosse eretta la presente cappella [n.d.a.: quella sita nella cripta] si trovavano in quella antica del SS. Sacramento, come si dirà…”. Senonchè, il confronto stilistico con altre opere quattro-cinquecentesche, sparse in vari luoghi di Puglia e Basilicata e, ancora, la circostanza che intorno alla terza decade del secolo XVI la Collegiata di Manduria (risalente al secolo XI) sia stata interessata da consistenti lavori di ampliamento e ricostruzione, dovrebbero condurre ad una datazione più o meno coeva.

In quell’epoca erano attivi Stefano da Putignano (1470 circa – 1539 circa), lo scultore pugliese che, nello stesso periodo, scolpiva in pietra, nella vicina Grottaglie, il presepe monumentale pervenuto integro fino ai giorni nostri. Sempre in quegli anni altri artisti operarono nei dintorni, lasciandoci stupendi presepi lapidei, tra questi: Nuzzo Barba, scultore vissuto a cavallo tra il ‘400 ed il ‘500, il lucano Aurelio Persio (fratello del più noto Altobello, autore dei presepi delle cattedrali di Altamura e di Matera), ed altri ancora.

I personaggi della Natività di Manduria presentano, tuttavia, delle loro peculiarità stilistiche che li distinguono dagli altri della zona e sono ancora, parafrasando Pirandello, “in cerca di autore”. Un tempo, il gruppo scultoreo doveva inseririrsi un contesto più ricco, ormai perduto, comprendente altri personaggi (angeli, pastori, magi, ecc.) e probabilmente era collocato in un “paesaggio” formato, probabilmente, da una grotta centrale con, ai lati e sullo sfondo, case, mura e castelli.  Successivamente, una volta che fu demolito l’altare originario,  la sola Natività, per rispettare il suo grado di importanza nella sacra rappresentazione, fu trasferita nella nicchia della cripta per essere gelosamente conservata per lla devozione dei fedeli.  

 

   * Articolo di Giuseppe Pio Capogrosso, Si ringrazia il sig. Cosimo Caforio per la gentile concessione della foto.

  

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