religione

L’origine della festa della Natività di Maria: dalla Siria a Roma

Antonio Tarallo Famiglia Cristiana
Pubblicato il 06-09-2018

la prima vera traccia “sicura” di tale festività risale al VI secolo

E’ una festa, quella dell’otto settembre, davvero speciale. Potremmo dire che è una festa che svetta verso il cielo, un po’ come le guglie del Duomo di Milano. Cosa c’entra, però ora, il Duomo di Milano con questa festa? So bene che potrebbe sembrare solo un “poetico accostamento”, ma non è proprio così. In fondo, tra la cattedrale meneghina e la nascita di Maria c’è un sottile filo rosso che, forse, pochi conoscono. La Storia ci aiuta a decifrare questo legame.

Iniziamo subito col dire che quello che comunemente viene chiamato Duomo, ha – più precisamente – il nome di “Basilica Cattedrale Metropolitana della Natività della Beata Vergine Maria”. Lo ricorda la dedica “Mariae Nascenti” (a Maria Nascente), posta sulla facciata in epoca napoleonica, in sostituzione della precedente risalente al 1645, che recava la data di fondazione del tempio: “Deiparae Natali - civitas - mccclxxxvi (la città - alla Natività della Madre di Dio - 1386).  Il Duomo, in sintesi, rappresenta l’apice della devozione ambrosiana mariana – e in particolare per la nascita della Madre di Dio – presente nella terra meneghina fin dal decimo secolo.

Ma facciamo storicamente un passo indietro. Dobbiamo arrivare al V secolo, e andare in altra terra, quella di Gerusalemme. Qui troviamo la chiesa di S. Anna, la madre di Maria. L’odierna chiesa, nata dopo la distruzione per opera dei persiani nel 614, sorge su quella che era stata costruita dai bizantini, appunto per celebrare la nascita di Maria. Quella costruzione, realizzata grazie ai bizantini, era l’inizio, da parte della Chiesa d’Oriente, della festa che noi oggi conosciamo e celebriamo. Questa solennità, poi, si estese a Costantinopoli. Successivamente, sarà Papa Sergio I,  a introdurla nel rito occidentale. E’ una festa, insomma, che unisce i due importanti “filoni” del Cristianesimo: quello cattolico e quello ortodosso. Bisogna ricordare, tra l’altro, che per la Chiesa ortodossa, la nascita di Maria riveste un'importanza particolare ed è annoverata fra le cosiddette “dodici feste maggiori”.Nella tradizione bizantina, infatti, la Natività di Maria segna proprio il loro inizio: “La celebrazione odierna è per noi l’inizio delle feste” esordisce Sant’Andrea di Creta nel suo sermone (omelia numero 43). in occasione di tale festa

Ma la prima vera traccia “sicura” di tale festività risale al VI secolo, durante il regno di  Giustiniano I, e consiste in una composizione poetica di Romano il Melode (il più grande poeta della Chiesa greca, nativo di Emesa, in Siria) datata fra il 536 e il 556. Verso la fine del VI secolo - inizi del VII, la Chiesa Costantinopolitana fissò per i primi di settembre la festa della Natività di Maria, non per motivi storici, ma per un semplice parallelismo simbolico. Nel mese di settembre, infatti, iniziava l’anno ecclesiastico e civile nell’impero bizantino. Una ipotesi vuole che la scelta di questa data sia stata influenzata dalla coincidenza delle feste che onoravano le divinità matriarcali pagane.

Dicevamo che la Chiesa di Roma iniziò a celebrare questa festività soltanto a partire dal 688, quando il papa Sergio I, la introdusse nel rito romano. A testimoniarlo, il Liber Pontificalis, che stabilì come data quella dell’8 settembre. Era stata istituita anche una processione per questa occasione: dalla Chiesa di Sant’Adriano al Foro Romano alla Basilica di Santa Maria Maggiore.

Per comprendere meglio il significato della Natività di Maria, non possiamo non attingere alle parole di uno dei pontefici che più volte ha voluto volgere lo sguardo alla Madonna, Paolo VI.   E’ stato lui, ricordiamo, a istituire in altra importante data mariana, quella del primo gennaio  (Festa della Gran Madre di Dio), la Giornata mondiale della Pace. Ma ritorniamo all’otto settembre.  Papa Montini dice, a tal proposito:

“(Questa festa) ci obbliga a ricordare l’apparizione della Madonna nel mondo come l’arrivo dell’aurora che precede la luce della salvezza, Cristo Gesù, come l’aprirsi sulla terra, tutta coperta dal fango del peccato, del più bel fiore che sia mai sbocciato nel devastato giardino dell’umanità, la nascita cioè della creatura umana più pura, più innocente, più perfetta, più degna della definizione che Dio stesso, creandolo, aveva dato dell’uomo: immagine di Dio, bellezza cioè suprema, profonda, così ideale nel suo essere e nella sua forma,  e così reale nella sua vivente espressione da lasciarci intuire come tale primigenia creatura era destinata, da un lato, al colloquio, all’amore del suo Creatore in una ineffabile effusione della beatissima e beatificante Divinità e in un’abbandonata risposta di poesia e di gioia (com’è appunto il «Magnificat» della Madonna), e d’altro lato destinata al dominio regale della terra”.

“Il più bel fiore che sia mai sbocciato nel devastato giardino dell’umanità”, con questa poetica definizione viene descritta Maria, da quel pontefice che vedeva in lei, l’aurora di pace. E rimane significativo, certo, che precedentemente proprio a un Santo poeta dobbiamo – in fondo – la radice più antica di questa festa. E, come si era scritto prima, un poeta della terra della Siria, Romano il Melode. Una terra che mai come in questo momento vorrebbe vedere un iride di pace.


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