religione

Il Padre di tutti i viaggi in Iraq raccontato da noi e Huffington

Padre Enzo Fortunato EPA/AHMED JALIL
Pubblicato il 04-03-2021

La visita seguita da Huffington Post e Sanfrancesco.org

Oltre 340 milioni di cristiani perseguitati nel mondo; gli uccisi per ragioni di fede sono aumentati del 60% nell’ultimo anno, come riportato dal report della Onlus Porte Aperte Italia, nella World Watch List 2021. L’Iraq occupa l’undicesimo posto nella classifica mondiale, dove nel 2003 si contavano oltre un milione e mezzo di cristiani, oggi sono rimasti circa 300 mila: questi numeri ce li presenta monsignor Bashar Warda, vescovo di Erbil e una delle figure che riceverà Papa Francesco nel corso del viaggio nella terra di Abramo. Quattro giorni di visita molto intensa che sono la risposta a quanti hanno puntato il dito contro Bergoglio, accusandolo di pensare solamente ai profughi dimenticando i tantissimi cristiani che subiscono persecuzioni. Personalmente sono convinto che il Papa sa quando agire, come agire e perché agire. Senza lasciarsi strumentalizzare.

Il successore di Pietro incontrerà la chiesa locale, visiterà i luoghi della persecuzione, del martirio e della ricostruzione. Come è vero che la Chiesa del primo millennio nasce dal sangue dei martiri, Sanguis martyrum – semen christianorum, così anche nel nostro secolo i martiri sono tornati, spesso sconosciuti, quasi mai sotto l’occhio dei media se non quando vittime di gesti eclatanti. Da questi nuovi martiri riparta la Chiesa del terzo millennio: “Il mio sogno è vedere il Papa in queste terre” ci ha raccontato Hala, una delle cristiane scappate da Mosul, fissando l’immagine di Gesù appesa alla parete. Le lacrime le rigavano il volto mentre ricordava le persecuzioni subite dalle milizie dell’Isis. Siamo stati in questa terra che ha visto nascere le tre grandi religioni monoteiste: Ebraismo, Cristianesimo e Islam, “figlie” di Abramo padre di molti popoli. Qui le diocesi, i sacerdoti, le suore sono accanto ai profughi cristiani.

A Qaraqosh abbiamo raggiunto la Chiesa della Resurrezione, accompagnati da padre Majeed Attalla. Il tetto era divelto e le pareti distrutte da proiettili di kalashnikov, i nostri occhi si sono fermati su molti dettagli mentre padre Attalla ci indicava quanto era accaduto tutto intorno: 116 case bombardate, 2228 bruciate dalla furia ideologica dell’Isis. Cancellare è il motto della violenza. Pezzi di legno carbonizzati a terra, tra vetri e pietre, non erano altro che le panche della chiesa incendiate. “Non eravamo pronti”, sono le parole del vescovo caldeo di Erbil monsignor Bashar Warda, quando gli abbiamo domandato se, come comunità, non avessero sottovalutato il problema di quello che può esser definito il nuovo esodo biblico. Una vera decimazione: “Abbiamo dovuto imparare a prenderci cura di loro, a ricostruire, a ricucire il tessuto sociale, a ridare lavoro e dignità”. Dopo Qaraqosh abbiamo raggiunto Alqosh, dove nei caveau delle sagrestie troviamo i registri dei battesimi di Baghdad e Mosul. Il loro inchiostro ci ha fatto immediatamente capire la cruda verità: in queste zone i cristiani stanno scomparendo.

Con il giovane superiore dei monaci di sant’Antonio Abate, riusciamo ad arrivare Mosul, nascondendo le telecamere sotto le giacche, penna e taccuino sotto la tonaca. Cinque checkpoint attraversati non senza paura. Qui, oltre al monastero di San Giorgio, completamente distrutto, trasformato in prigione dell’Isis, abbiamo incontrato una delle dieci famiglie cristiane di questa città: “Non ci daremo pace finché non sarà ricostruita la nostra chiesa”, ci hanno subito specificato. Vivevano lì pur sapendo che i loro vicini li hanno già traditi una volta. Camminando per la strada e ci tornavano in mente le parole che Cristo crocifisso ha rivolto a san Francesco: “Va’ e ricostruisci la mia casa, che come vedi è in rovina”. Nessuna persona ha mai dimenticato le minacce ricevute dai soldati di Daesh: “O vi convertite o andate via, altrimenti vi ammazziamo”. Ora sono ad attendere un lavoro, sono in cerca di un’opportunità. I sacerdoti vanno avanti con la stola e il grembiule donando i sacramenti e cercando di creare ospedali, scuole e centri sociali.

Nel ritorno a Erbil, siamo passati per Karamlesh e Bartella. Ad accoglierci c’era il vescovo siro cattolico, monsignor Yohanna Mouche, per mostrarci il cortile della Chiesa più grande di tutto il Medio Oriente, usata dall’Isis come scuola di addestramento. Nelle pareti crivellate dai kalashnikov si vedevano ancora i proiettili conficcati. Uscendo dal cortile i giovani ci salutavano. Il loro sorriso rappresenta la speranza di questa comunità. Come riescono a sopportare tanta sofferenza? La risposta è nella patria di Abramo, è qui che la terra si fa Storia. La Chiesa sa che la protezione dei cristiani di Iraq passa attraverso il superamento del settarismo che ha fatto di loro, anche in tempi recenti, delle vittime. 

Lo sa bene anche Bergoglio che durante la tappa a Najaf incontrerà il grande ayatollah Ali Al-Sistani e sarà “uno dei momenti più alti” del viaggio apostolico in Iraq secondo monsignor Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, che descrive il leader sciita “non un politico, ma un uomo di fede” che lavora per la fratellanza. A sottolineare l’importanza del momento sono anche le dichiarazioni che il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, ha rilasciato ai microfoni di Vatican News: “Al-Sistani è una delle personalità più simboliche, più significative, del mondo sciita; si è sempre pronunciato in favore di una convivenza pacifica all’interno dell’Iraq, dicendo che tutti i gruppi etnici, i gruppi religiosi, sono parte del Paese. Questo è molto importante perché va nel senso e nella direzione proprio della costruzione di questa fraternità fra cristiani e musulmani, che dovrebbe caratterizzare il Paese.” Parolin accompagnerà il Pontefice in questa “missione” apostolica.

Baghdad, Erbil, Mosul, Qaraqosh, la piana di Ur sono le tappe del viaggio apostolico di Papa Francesco: “un viaggio in cui - ha ricordato il cardinale Louis Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei - si parlerà di rispetto reciproco, dialogo interreligioso e ricerca di principi comuni tra cristianesimo e islam”. Un viaggio all’insegna del motto “Siete tutti Fratelli” tratto dal Vangelo di Matteo, per superare i mali e “le ombre di un mondo chiuso” (Fratelli Tutti). Un pellegrinaggio che rappresenta il Padre di tutti i viaggi.

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