religione

Card De Donatis, Chiesa e Covid. San Francesco ci protegga da virus indifferenza

Antonio Tarallo Ansa - CLAUDIO PERI
Pubblicato il 22-06-2020

Intervista al Cardinale Angelo De Donatis, Vicario di Papa Francesco

Da un mese circa, stiamo riprendendo possesso della nostra vita quotidiana, che durante la pandemia sembrava quasi sospesa. Ciò che abbiamo vissuto sono stati mesi avvolti in una sorta di nebbia, di oscurità anche. Non possiamo negarlo. Mesi difficili che hanno segnato la memoria di ciascuno. Sono stati momenti che tutti avremo l’onere - in futuro - di dover raccontare ai propri figli, o nipoti. Le immagini, sicuramente, di tutto ciò che è accaduto - difficilmente - saranno cancellate. E, fra queste, non è possibile dimenticare quelle delle chiese spoglie del “popolo di Dio”, delle celebrazioni sospese, di una Chiesa - insomma - “sospesa” anch’essa. Ma in questo panorama non sono mancate le occasioni per dimostrare - in maniera diversa - la presenza viva di una Chiesa che si è saputa quasi “reinventare”, potremmo dire così.

Una Chiesa che ha saputo volgere il secolare sguardo al prossimo, in maniera differente, visto le restrizioni causate dal coronavirus. E poi, non è possibile dimenticare tutto quel popolarsi del web di messe, rosari, funzioni religiose in diretta streaming, per poter divenire - grazie ai nuovi strumenti di comunicazione - una fraternità quasi ancora più unita, compatta, in mesi di necessario distanziamento sociale. I temi, le riflessioni che hanno suscitato questi mesi, sono tanti. E noi, di “San Francesco, patrono d’Italia” abbiamo rivolto al Cardinale Angelo De Donatis, Vicario di Sua Santità, alcune domande sulle nuove prospettive della Chiesa dopo il coronavirus. Tra l’altro, il Cardinal De Donatis - proprio in questi giorni - ha istituito il Fondo “Gesù Divino Lavoratore”, voluto dal Papa per sostenere “coloro che rischiano di rimanere esclusi dalle tutele istituzionali e che hanno bisogno di un sostegno che li accompagni”: uno sguardo concreto ai nuovi poveri della pandemia.

Quanto, e se, la Chiesa - secondo lei - cambierà dopo un'esperienza così particolare? Secondo Lei, si potrebbe correre il rischio, dopo le dirette delle messe televisive, di una fede - forse - meno "presente" nelle chiese? O, invece, questa "pausa" è servita - in fondo - per un desiderio più profondo, intimo di Dio?
Ognuno di noi, in questa grave e inaspettata emergenza sanitaria, ha vissuto un cambiamento di vita che ha avuto delle ripercussioni nella sua vita interiore. Di conseguenza anche la Chiesa, alla luce di questa esperienza, non può essere la stessa. La comunità ecclesiale, come abbiamo iniziato a fare nella nostra diocesi, deve interrogarsi seriamente e deve avere il coraggio di ripensare se stessa, cogliendo l’opportunità per “avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria” (EG 25). Nel periodo in cui non era possibile riunirsi come assemblea celebrante, non sono mancate le liturgie trasmesse in Tv o in streaming: la messa quotidiana del Santo Padre, quella celebrata dai rispettivi vescovi e dai propri parroci, tante occasioni preziose che hanno permesso di ascoltare la Parola di Dio e di pregare insieme, facendo sentire il proprio legame e mantenendo vivo il senso di appartenenza alla propria comunità parrocchiale. Molti fedeli hanno testimoniato di aver riscoperto la preghiera in famiglia e la bellezza della dimensione “domestica” della vita di fede. Sono sicuro che le comunità parrocchiali continueranno a iniziare i fedeli alla vita nuova nello Spirito, formando uomini e donne maturi nella fede.

La Chiesa, guardando il nuovo scenario economico non certo confortante, sembra quasi avere un atteggiamento ancora più attento ai bisognosi, agli ultimi. Durante la pandemia - e maggiormente oggi - si sta impegnando con maggior forza nel "sociale". I prossimi mesi saranno ancora più decisivi per rafforzare tutto questo?
Come comunità ecclesiale, facendo nostre “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi” (GS 1), siamo stati chiamati a discernere “i segni dei tempi” e a metterci al servizio dell’uomo, delle sue necessità e dei suoi bisogni odierni. Ponendoci in ascolto della voce dello Spirito e del “grido della città”, anche la nostra comunità diocesana ha messo in campo molte iniziative per sostenere le categorie più deboli che hanno vissuto e vivono maggiori difficoltà, affinché nessuno rimanesse indietro. Posso testimoniare che durante la critica fase 1 dell’emergenza, grazie al Signore che tocca i cuori e alla grande generosità dei romani, i centri di aiuto e di sostegno per i più fragili, necessariamente rimodulati nel rispetto delle norme di sicurezza, non solo non sono diminuiti, ma hanno aumentato la loro presenza sul territorio per rispondere alle nuove richieste.

Veniamo ora alla lettera che il Pontefice ha scritto al clero romano. "Sebbene fosse necessario mantenere il distanziamento sociale - sottolinea il Papa - questo non ha impedito di rafforzare il senso di appartenenza, di comunione e di missione”. I prossimi mesi saranno ancora più decisivi per rafforzare tutto questo?
Il distanziamento sociale e le restrizioni della quarantena non hanno impedito ai sacerdoti di essere presenti nella vita dei fedeli, i quali non hanno cessato di manifestare la loro gratitudine perché hanno sentito i loro pastori e le loro comunità realmente vicine nel momento del bisogno. I fratelli e le sorelle delle nostre parrocchie non si sono sentiti soli e abbandonati. Questo tempo particolarmente difficile, infatti, ha fatto emergere un desiderio di un’autentica prossimità umana e la ricerca di una profonda comunione spirituale, accompagnate da un grande impegno concreto di condivisione e di solidarietà fraterna verso le persone più in difficoltà.

Nella lettera del Pontefice si fa riferimento alla nostra "vulnerabilità e impotenza". Potrebbe essere questa l'occasione di un ritorno a Dio, visto che il secolo in cui siamo ha visto una secolarizzazione impressionante. "Nessuno si salva da solo"?
L’emergenza mondiale che stiamo vivendo a causa della pandemia, ha costretto tutti, in un certo senso, a prendere consapevolezza della propria vulnerabilità e a dover fare i conti con un senso di impotenza e di precarietà, nonostante viviamo in un’epoca di straordinarie scoperte tecnologiche e siamo immersi in un pianeta sempre più interconnesso. Nel cammino di ricerca di Dio e del senso della propria vita, molti non credenti e tante persone lontane dalla Chiesa, in questo tempo hanno riconosciuto Papa Francesco come guida credibile e punto di riferimento autorevole a cui prestare ascolto. Scossi dalle onde di un mare in tempesta, per riprendere l’immagine biblica offertaci dal nostro Vescovo, ci siamo scoperti tutti a bordo della stessa barca e abbiamo sperimentato che solo remando nella stessa direzione, uniti e solidali, possiamo salvarci.

Non perché la presenza di Maria sia mai mancata nella Chiesa, come istituzione, né tantomeno nei cuori dei fedeli. Però, è un dato di fatto che proprio a Maria ci si sia più volte rivolto - in questa pandemia - per chiedere aiuto e soccorso. É una immagine tenera questa di noi figli che ricorriamo nel pericolo subito alla Mamma…
Nei momenti di difficoltà, di paura e di dolore, tutti sentiamo il bisogno di ricorrere all’abbraccio rassicurante e consolante della Madre, sapendo che Lei ci aiuta a fidarci di Dio e della Sua volontà. I credenti di oggi come quello di ogni tempo, vivendo da figli di Dio sanno di essere anche figli di Maria e della Chiesa, una mamma premurosa e sollecita, che ascolta e intercede sempre presso il Signore. Noi come comunità diocesana di Roma, abbiamo trovato rifugio ai piedi della Madonna del Divino Amore e presso il Suo Santuario abbiamo celebrato quotidianamente i Divini Misteri in diretta televisiva. Ogni giorno abbiamo recitato una preghiera che il Santo Padre ha composto e ci ha donato all’inizio della pandemia, per invocare la protezione della Vergine del Divino Amore sulla città di Roma, sull’Italia e sul mondo intero. In questi mesi, è stato edificante assistere a numerose e partecipate manifestazioni di preghiera e di devozione rivolte alla Madre di Dio, segno della vivacità della pietà popolare presso il nostro popolo.

San Francesco e i poveri. Cosa ci direbbe ora, in questo delicato momento il Santo, guardando i numerosi poveri post-covid?
Sono certo che San Francesco, dinanzi all’aumento di nuovi poveri dovuto alle conseguenze dell’emergenza sanitaria, prega il Signore e intercede per tutti noi, affinché come comunità ecclesiale, in mezzo a tante difficoltà, non ci stanchiamo di tendere la mano verso coloro che versano nel bisogno. Lui che si è donato totalmente nel servizio dei fratelli, soprattutto quelli più umili e poveri, ci protegga dal “virus dell’indifferenza” e ci aiuti a vincere le tentazioni della diffidenza e dell’individualismo verso il nostro prossimo. Sparatutto ci aiuti a diventare “piccoli”, a sperimentare la beatitudine dei “poveri”.

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA