Le visite dei pontefici
Angela Merkel sta ripercorrendo i passi del suo maestro politico
(da lei poi tradito), Helmut Kohl. Dopo la caduta del Muro,
la Germania si impegnò in una politica espansiva, segnata da
forti investimenti pubblici, per favorire il passaggio dell'Est all'economia
di mercato, in vista della riunifi cazione. Il debito
pubblico aumentò, ma la vecchia Germania comunista pur
tra molti squilibri cominciò a riprendersi, e Berlino divenne la
capitale più trendy del momento. Pochi anni dopo però, con
il trattato di Maastricht, Kohl diede una brusca frenata, passò
dal neokeynesismo al monetarismo, tagliò la spesa pubblica,
ridusse la massa monetaria in circolazione. Un simile stop and
go, o meglio go and stop, produsse un grave squilibrio, da cui la
Germania – e di conseguenza l'Europa – stentò a riprendersi.
Ora la Merkel ha fatto esattamente lo stesso. Prima una fase
espansiva, di forte spesa pubblica, per mettere in sicurezza le
banche, sopperire ai guai della fi nanza privata con un grande
impegno della fi nanza statale e far ripartire un'economia
ferma. Certo la Germania non ha speso le cifre americane
e neanche quelle inglesi, ma il defi cit ovviamente è salito.
Da qui la decisione della Merkel di varare un piano di tagli
per 80 miliardi di euro in quattro anni. Ma una simile gelata
su un'economia che aveva appena cominciato a riprendersi,
peggiorata da un'inversione di politiche sociali e fi nanziarie
avvenuta nel giro di pochi mesi, può avere conseguenze
molto gravi, anche fuori dalla Germania. Proprio come ai
tempi di Kohl e di quel trattato di Maastricht che ci ha dato
l'euro ma ha privato l'Italia dei due pilastri della sua crescita
nel dopoguerra, una moneta debole e una spesa pubblica
fuori controllo, aprendo una fase di scarsa crescita che purtroppo
dura tuttora.
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