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De Masi: Troppo lavoro di alcuni crea disoccupazione per altri

Domenico De Masi, sociologo Unsplash
Pubblicato il 19-03-2021

Oltre 300.000 persone sono disoccupate mentre altri fanno straordinari retribuiti

Non è detto che chi si sobbarca al doppio lavoro lo fa per soddisfare il suo smodato desiderio di guadagno e il suo alienato bisogno di consumismo. A volte il primo lavoro è retribuito in modo così misero che, per tirare avanti, è necessario svolgerne un secondo o anche un terzo in modo da mettere insieme il minimo necessario per sé e per la propria famiglia. Vi è, invece, un modo insano – e di cui non si parla mai – di sottrarre lavoro agli altri per soddisfare la propria mania di stra-lavorare per fare carriera. Mentre in Germania tutti i dipendenti di una qualsiasi azienda – dal presidente all’usciere – escono alle 17.00 in punto, in Italia i quadri, i funzionari, i manager, i dirigenti pubblici e privati tendono a restare negli uffici una o più ore al giorno per fare un lavoro straordinario non retribuito.

Se si organizzassero bene durante la giornata, potrebbero uscire all’orario contrattuale e dedicare il tempo libero dal lavoro per attività familiari, culturali, sociali, personali. Si tratta prevalentemente di maschi che si trattengono in ufficio non tanto per amore del lavoro quanto per disinteresse verso la famiglia. Invece le donne escono quasi tutte in orario per correre a casa e accudire i figli. Secondo i miei calcoli, sono 1.260.000 i manager, i funzionari e i dirigenti che restano in ufficio a fare lo straordinario non retribuito e, in tal modo, sottraggono lavoro a 321.300 disoccupati.  Questo vezzo malaugurato si ritrova in Spagna, in Portogallo e nell’America Latina mentre nei paesi del Centro e del Nord Europa vige tra lavoratori e datori di lavoro un rapporto molto più chiaro e netto: tu mi paghi quanto è giusto e io lavoro quanto è giusto. Non un minuto di più. Così, evitando lo straordinario, è possibile fare posto a più disoccupati.

 

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