Le visite dei pontefici
Chiavi, ombrelli, persino skateboard e stampelle tra i 5mila pezzi ritrovati ogni anno
Passeggiando per i corridoi dell'ufficio oggetti smarriti del Comune s'incrociano cose che tutti, una volta o l'altra, hanno perso nella vita. È un percorso a tappe. Inizia con ciò che si usa da bambini, un paio di piccole scarpe taglia 28 o la cartellina di plastica con dentro squadre e righelli per il disegno, e prosegue con gli oggetti della maturità, dai computer agli occhiali da vista.
Il campionario conservato tra le mura di questo ufficio in via dell'Industria, alle porte di Bologna, mostra la varia umanità che ogni giorno dimentica qualcosa per strada, sull'autobus o sul sedile di un taxi. La distrazione, d'altronde, non fa sconti a nessuno. In un angolo c'è un tappeto da preghiera arrotolato che ricorda l'Islam e i tanti migranti della città.
A rievocare il passato un vecchio computer, con un vecchio schermo con il tubo catodico, lontano anni luce dalle sinuose forme degli iPad che in questi giorni riempiono le vetrine dei negozi. L'oggetto più gettonato, in questa singolare hit parade della sbadataggine, è l'ombrello. Un classico, con decine di tipi e forme che colorano gli scaffali del magazzino. Nella patria della lettura non mancano i libri, a sottolineare le differenze d'età. Dalla Bibbia a Kafka. Dai pirati di Stevenson ai manuali di cucina, fino al dizionario latino di Castiglioni e Mariotti, incubo cartaceo di ogni studente liceale. Ad arricchire la tavolozza dei colori decine di guanti (in un unico esemplare). E ancora maglie, maglioni, giacche e cappotti. Marsupi, zainetti, borsoni e valigie. In un variare di forme e dimensioni che include aspirine, skateboard, tamburelli, souvenir e perfino un paio di stampelle.
Sul podio i mazzi di chiavi, per aprire case, automobili, uffici, motorini. Oggetti che una volta persi, oltre a rovinare la giornata, ricordano le tante serrature che accompagnano la nostra esistenza. "A volte qualcuno arriva per ritrovare le sue chiavi e resta deluso" racconta Andrea, il dipendente comunale che da cinque anni custodisce i segreti degli articoli smarriti. "Si tuffano disperatamente alla ricerca della loro copia ma — confida con un sospiro — quando va male ti guardano arrabbiati, quasi a dire: "Dove le hai nascoste?"". Altro esempio: "chiamano per sapere se è qui c'è una cartellina medica persa in Piazza Maggiore". Al contrario, "a volte ringraziano come se fossimo noi a ritrovare le cose".
Autisti dell'Atc, impiegati delle Poste, tassisti, vigili o semplici cittadini. Sono i protagonisti dei ritrovamenti. Ogni cosa viene catalogata in base al mese in cui è stata recuperata. La media dei portafogli dispersi è da capogiro: dieci al giorno, "ma molti arrivano vuoti" sorride Andrea, aiutato in questa infinita classificazione da Nadia. Ogni anno sono 5 mila i desaparecidos che transitano da qui e i proprietari hanno 12 mesi per reclamarli. Scaduto il termine, chi ha ritrovato il bene in questione viene contattato e può prenderne possesso. Per i tanti oggetti che non riescono a ritrovare un padrone, il destino cambia a seconda dei casi.
I soldi persi dai cittadini ("pochi in verità") rimpinguano le casse comunali mentre le cose di valore vengono messe all'asta ogni sette anni. Ma gli esemplari sono rari. Segno che il senso del dovere dei bolognesi si esercita più volentieri sugli oggetti di poco pregio. Infine, ciò che non viene messo all'asta, cianfrusaglie di ogni tipo, va in beneficenza.
Questo luogo però non deve avere un gran peso agli occhi di Palazzo D'Accursio. Se è vero che qualche anno fa, quando gli impiegati hanno chiesto al Comune una nuova segnaletica, "ci hanno risposto che non c'erano soldi e infatti non è mai arrivato un solo euro". A quel punto, armati di vernice, pennello e una buona dose di pazienza, i dipendenti hanno prodotto cartelli artigianali. E così chi si reca in via dell'Industria alla ricerca del proprio oggetto perduto viene accolto da cartelli fatti a mano. Un gesto un po' romantico in un luogo dove la merce non ha padroni. Chissà il vecchio Marx cosa direbbe.
di Enrico Miele - Repubblica Bologna
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