Le visite dei pontefici
Permesso premio per Luigi Chiatti, che nel 1992 uccise Simone Allegretti, 4 anni, e nel ‘93 Lorenzo Paolucci, 13 anni. Il «mostro di Foligno», come era stato ribattezzato, ha ottenuto dal giudici del Tribunale di sorveglianza il permesso di uscire dal carcere di Firenze. È successo lo scorso giugno, ma la notizia è filtrata solo ieri dall'istituto penitenziario dove Chiatti, ora 42enne, sconta una pena a 30 anni. Dice «radio carcere» che i suoi avvocati hanno pure intenzione di ripresentare istanza per ottenere la semi-libertà. Non è facile. Bisogna innanzitutto trovare un datore di lavoro disposto ad assumerlo, un giudice che certifica la non pericolosità una volta fuori e, soprattutto, convincere l'intera comunità di Foligno che è giusto così. Già due volte il serial killer aveva richiesto la concessione di permessi premio, sempre puntualmente negati. Così come era stata respinta dalla prima sezione penale della Cassazione anche la richiesta, avanzata personalmente sempre nel 2006, della concessione della semilibertà. L'indulto no. L'indulto, grazie al quale la pena è stata ridotta da trenta a ventisette anni, è stato invece concesso, con buona pace dell'ex Guardasigilli Roberto Castelli, che si era detto sconcertato degli effetti di quel provvedimento.
Intanto la città di Foligno, sessantamila anime nella pianura al centro dell'Umbria, non dimentica. Su Facebook si è costituito un gruppo, che si chiama «Il Mostro di Foligno deve rimanere in carcere», che conta quasi tremila iscritti e una serie di post che si susseguono a ritmo incalzante. La comunità sfoga la sua rabbia chiedendo che per lui «non ci sia nessuna pietà», che venga piuttosto «condannato a morte»: troppo grave quello che ha fatto. Ora i permessi premio sembrano qualcosa di troppo difficile da mandare giù. Dei permessi a lui, Luigi Chiatti, omicida mai pentito di due bambini, l'uomo che il criminologo americano George Palermo, uno dei maggiori esperti mondiali di assassini seriali, non esitò a definire «killer abortivo», proprio perché, come del resto ammesso dallo stesso imputato, se non fosse stato catturato avrebbe inevitabilmente continuato a uccidere.
Scrisse di lui Vittorino Andreoli, lo psichiatra che studiò anche la personalità di Pietro Maso e al quale il pm, nel processo di primo grado, affidò la perizia tecnica d'ufficio: «La sua personalità lo porta a comportarsi come un prigioniero modello ma, concessagli l'opportunità di uscire, egli ucciderà di nuovo e questo lui lo sa perfettamente».
Un ritratto che coincide, fino nei dettagli, con quello delineato dal criminologo americano scelto dai difensori dell'imputato, secondo il quale il «mostro di Foligno non dovrebbe tornare in libertà, altrimenti commetterebbe nuovi delitti». Eppure. Eppure Luigi Chiatti, due ergastoli in primo grado, trent'anni in Appello, ha diritto alla legge Gozzini che, nel caso di prigionieri esemplari, permette una riduzione della pena di 45 giorni ogni sei mesi, moltiplicati per il numero di anni di reclusione.
Detenuto modello, a parte la manifestata intenzione di uccidere ancora, Chiatti, lo è sempre stato. Motivo sufficiente, sembrerebbe, per gratificarlo con qualche ora di permesso e il miraggio, a fine pena, a cinquant'anni scarsi d'età, di un reinserimento nella società.(Repubblica.it)
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