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Chiara Lubich donna mistica contemporanea

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Lettere dei primi tempi della fondatrice del movimento dei Focolari



Pubblichiamo ampi stralci della prefazione scritta dal prelato segretario della Pontificia accademia di teologia al libro Lettere dei primi tempi. Alle origini di una nuova spiritualità ( Roma, Città Nuova Editrice, 2010, pagine 229, euro 12 ) . Il volume, curato da Florence Gillet e Giovanni D'Alessandro, raccoglie sessanta lettere di Chiara Lubich fra il 1943 e il 1949. Chiara Lubich è una grande mistica cattolica del nostro tempo. Le lettere pubblicate in questo volume sono l'espressione incandescente del cuore di una giovane donna che si è consegnata totalmente e per sempre all'Amore di Gesù, per il rinnovamento della Chiesa e per la salvezza di tutti gli uomini. Silvia, che ha preso il nome di Chiara nel Terz'Ordine francescano, ha fatto voto perpetuo di verginità il 7 dicembre 1943, nel periodo drammatico della seconda guerra mondiale. Dal suo «sì» nasce una sconvolgente esperienza mistica che possiamo scoprire in queste pagine di fuoco, seguendo il suo sviluppo durante un periodo di circa sei anni (fino all'estate 1949), che è proprio il periodo della nascita del Movimento dei Focolari. Chiara Lubich è stata sempre in piena comunione con la Chiesa, con i vescovi e i papi. Colpisce il suo profondo amore verso quelli che ha potuto conoscere e incontrare: il venerabile Pio XII, il beato Giovanni XXIII, il servo di Dio Paolo VI, il venerabile Giovanni Paolo II, e questo senza nessuna rottura o discontinuità tra il periodo prima del concilio Vaticano II e quello successivo. In modo particolare, Chiara è figlia di san Francesco e santa Chiara d'Assisi. La profonda radice francescana della sua vocazione e del suo carisma appare continuamente in queste lettere. Francesco e Chiara sono i santi più citati, e molte lettere sono indirizzate ai membri della grande famiglia francescana: laici del Terz'Ordine, religiose, e soprattutto padri cappuccini, conventuali. Chiara ha pienamente assimilato la spiritualità francescana con il suo meraviglioso cristocentrismo e il suo amore preferenziale verso il Crocifisso Povero, nel suo clima di gioia evangelica e di fraternità. Santa Caterina da Siena è particolarmente presente in queste lettere di Chiara, e questo ha un grande significato riguardo alla sua vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo. Sono infatti due donne giovani (tra 20 e 30 anni), vergini consacrate nel mondo, non religiose, ma laiche del Terz'Ordine: domenicano per Caterina, francescano per Chiara. Donne semplici e umili, hanno la stessa parola di fuoco, straordinariamente potente e libera, con la stessa autorità carismatica, per parlare a tutti, laici, religiosi e sacerdoti, «al Nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria Dolce». Questa espressione, che introduce ciascuna delle lettere di Caterina, conviene perfettamente a quelle di Chiara, come anche la finale: «Gesù Dolce, Gesù Amore». I grandi simboli cateriniani del fuoco e del sangue si ritrovano nelle lettere di Chiara, e soprattutto quello del fuoco, principale simbolo dello Spirito Santo e della carità. Con Maria e come Maria «portatrice del fuoco» ( Orazione 11), Caterina e i suoi figli metteranno «fuoco in tutta l'Italia» (cfr. Lettera 261). Chiara cita più volte quest'espressione della santa (per esempio nelle lettere 9 e 46), e così, a Roma, le focolarine «vengono denominate "le incendiarie"» (lettera 60). Infatti, tutto l'impegno di Chiara e delle sue compagne è di accendere una nuova fiamma nella Chiesa di Roma, specialmente nella preparazione dell'anno santo (1950), e non solo per l'Italia, ma per tutto il mondo (lettera 46). La somiglianza di Chiara con Caterina appare particolarmente nelle sue lettere ai francescani padre Raffaele e padre Bonaventura, nelle quali si esprime già con forza la sua maternità spirituale verso i sacerdoti, per aiutarli a crescere verso la santità. Più evidentemente legata a Caterina, patrona d'Italia, Chiara appare anche vicina alle due altre donne Dottori della Chiesa: Teresa d'Avila e Teresa di Lisieux. In tutte queste sante donne si verifica, nella diversità delle epoche e dei contesti, la forza, la fecondità e l'originalità della teologia femminile, espressione del genio femminile tanto stimato da Giovanni Paolo . L'argomento centrale, continuo, e si potrebbe dire anche l'argomento unico di queste lettere di Chiara, che abbraccia e unifica tutti gli altri, è sempre la Persona di Gesù, il Mistero di Gesù, e soprattutto l'Amore di Gesù, pienamente manifestato e comunicato nel grande Mistero della sua Passione Redentrice, vero centro di prospettiva su tutti i Misteri della nostra fede: l'Unità nella Trinità, la creazione e la salvezza, Maria e la Chiesa, la vocazione universale alla santità, lo splendore della carità come unico amore di Dio e del prossimo, ecc. Con accenti e approfondimenti nuovi, Chiara rappresenta in modo splendido la Theologia Crucis, che è uno dei più grandi tesori della Chiesa occidentale, contemplata e vissuta dai santi, dal medioevo fino ai nostri giorni. È la teologia francescana, ma anche quella dei santi Anselmo d'Aosta, Tommaso d'Aquino, Caterina da Siena, Giovanni della Croce, Teresa di Lisieux, Gemma Galgani, Pio da Pietrelcina, ecc. Le espressioni più caratteristiche di Chiara, nel suo nuovo approfondimento della teologia della Croce, sono Gesù Abbandonato e l'Unità. È il grande tema continuamente sviluppato e orchestrato nelle lettere, con modulazioni splendide e sempre nuove. Gesù Abbandonato è la fonte e il fondamento dell'Unità. Infatti, «l'Ideale più grande che un cuore umano può desiderare - l'Unità - è un vago sogno e una chimera se chi lo vuole non pone nel suo cuore come unico tutto: Gesù da tutti abbandonato, anche dal Padre suo» (lettera 57). Chiara approfondisce il Mistero della Redenzione come questo ammirabile e drammatico «scambio» tra Gesù e tutti noi peccatori. Egli che era senza peccato è per noi diventato peccato affinché noi diventassimo in Lui Giustizia di Dio (cfr. 2 Corinzi 5, 21). I santi Padri e Dottori (Massimo il Confessore, Giovanni Damasceno, Tommaso d'Aquino) hanno molto riflettuto su questa misteriosa «appropriazione» del nostro peccato realmente vissuta da Gesù Redentore, Capo del Corpo Mistico, che ha preso su di sé e in sé tutto il peccato delle sue membra, cioè di tutti gli uomini, affinché tutti potessero ricevere la sua grazia. Con grande audacia e sicurezza teologica, Chiara penetra in modo nuovo nelle profondità di questo mistero, privilegiando la parola Unità (più che la classica «unione» dei Mistici) a partire dalle parole del Vangelo che per lei sono come «il testamento» di Gesù Ut unum sint ( Giovanni 17, 11): «Padre santo... che siano una sola cosa come siamo noi» (lettera 29). Così il peccato viene essenzialmente caratterizzato come disunità con Dio e con il fratello. Ed è questa disunità nostra che Gesù Abbandonato ha realmente preso nel suo Cuore per darci la sua Unità d'Amore con il Padre, nello Spirito Santo (cfr. lettera 39). Così la carità, che è allo stesso tempo il più grande comandamento di Gesù e il più grande dono del suo Spirito, opera veramente l'unità con Dio e con i fratelli. È impressionante nei testi di Chiara l'onnipresenza di Gesù. È sempre Lui che ama ed è amato, perché in qualche modo è sempre presente nel fratello, in ogni fratello, anche il più lontano, il più peccatore, nel quale fa sentire il suo grido di disunità. Certo è presente «in mezzo» (cfr. Matteo 18, 20) ai fratelli che sono nell'unità (lettera 36), ma questo è per attirare tutti gli altri nella stessa unità. In questi testi non si parla ancora del dialogo ecumenico e interreligioso, ma è già evidente la grande dinamica della carità senza frontiere del Redentore e Buon Pastore che privilegia il fratello più disunito, più lontano, la pecora smarrita del Vangelo (cfr. lettere 39, 40, 42). Viene così sviluppata una splendida spiritualità dell'amore, del vero amore che è dono totale di sé a Dio e agli altri. È tutta la radicalità evangelica, senza nessun sentimentalismo.

fonte: Osservatore Romano

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