francescanesimo

Oltre il vicendevole. Dinamiche di fraternità

Fra Marco Moroni Roberto Pacilio
Pubblicato il 10-04-2021

Gli elementi della Regola non bollata di san Francesco

Nella Regola non bollata, di cui stiamo vedendo qualche aspetto di mese in mese, san Francesco esorta i frati affinché «si servano e si obbediscano vicendevolmente». San Francesco riprende letteralmente queste parole da una frase di san Paolo nella lettera ai Galati (5,13), ma in senso più ampio le raccoglie dall’insegnamento e dalla prassi di vita di Gesù, che invita i suoi discepoli ad amarsi gli uni gli altri. Sul contenuto di questa esortazione, che in effetti suona come un vero e proprio ordine, un comando, si potrebbero spendere fiumi di parole, coscienti della sua auspicabile e pure non facile applicazione. Ma vorrei concentrare l’attenzione sull’avverbio conclusivo: vicendevolmente. Vicendevolmente, reciprocamente, potremmo dire. Questa parola non ha una caratterizzazione positiva o negativa, dice semplicemente un rapporto. Sappiamo che ci si può amare a vicenda oppure vicendevolmente odiare.

Senza dubbio la connotazione positiva è quella data da Gesù: «amatevi» e da san Francesco: «si servano e si obbediscano»; quante volte invece questa reciprocità è vissuta in negativo, potremmo dire l’un contro l’altro armati… Sia come premessa: “se l’altro mi farà del male io farò lo stesso a lui”, sia come conseguenza: “ho ricevuto male dall’altro, gli risponderò a tono”: è la legge della vendetta, l’antica legge del taglione che recita: occhio per occhio, dente per dente. Nella visione di Gesù questa legge parte invece da una precomprensione positiva: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12). Si disegna qui la speranza di un risultato vicendevole, ma qui sta il bello della sfida cristiana: nulla mi assicura sul fatto che sarò ricambiato quando faccio del bene. La prospettiva del credente (ma proposta a tutti!) va oltre il vicendevole, oltre la reciprocità.

C’è un’altra espressione di san Francesco, se vogliamo ancor più ardita, nella Lettera a un ministro (frate superiore): «e se in seguito [l’altro frate, già perdonato] mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo». Qui c’è un oltre che costituisce una fortissima provocazione: oltre il vicendevole c’è solo dono, amore assoluto, senza calcolo o equilibrio, quasi necessariamente in perdita. Si ama solo per amare. Ha qualcosa di eroico tutto questo? Certo, ma altrimenti che gusto c’è? Provo a offrire alcune applicazioni di ciò che ho scritto fin qui, in diversi campi, in forma interrogativa. Nelle dinamiche familiari e sociali: potrei fare un favore aspettandomi un contraccambio, ma dove sta la novità? Nelle relazioni economiche: è proprio vero che tutto deve sottostare alla legge del dare-avere oppure può esistere un’economia del dono? Tra culture e religioni: lasciar costruire la moschea qui ma pretendere che in cambio si conceda di erigere una chiesa in uno stato musulmano può essere logico, ma non è che sia scarsamente profetico? Insomma, posso sperare che l’altro mi tratti vicendevolmente… ma non posso esigerlo. Se no, che gusto c’è?

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA