francescanesimo

Fra' Sergio Lorenzini: 'Dalla filosofia al convento, una nuova vita'

Redazione ilrestodelcarlino.it
Pubblicato il 02-01-2020

La guida dei frati minori Cappuccini delle Marche: avevo altri orizzonti, ma la chiamata ha cambiato i piani

«Niente lasciava presagire una mia vita da frate, né da ragazzo ci pensavo». Fra’ Sergio Lorenzini, 42enne di San Severino, appartiene all’ordine dei frati minori Cappuccini e dall’aprile scorso è il ministro provinciale delle Marche. «Giocavo a pallavolo – ricorda – studiavo filosofia, avrei avuto piacere di insegnare e quindi erano altri i miei orizzonti, poi c’è stata questa bella novità che ha cambiato i piani ed è stata una piacevole sorpresa».

Come si è mostrata la vocazione?
«A 26 anni sono entrato in convento, ma qualche anno prima avevo intuito la chiamata in alcuni momenti, nell’incontro con i frati, nel silenzio, nella preghiera la vicinanza di Dio si è fatta sempre più molto forte. Così, a un certo momento, ho compreso che quanto stavo vivendo prima non era ciò che desideravo veramente. Poi ci sono state tante piccole esperienze che sommate mi hanno portato a innamorarmi di questa vita religiosa».

Cosa hanno di particolare i frati minori Cappuccini da averla spinta a entrare in questo Ordine?
«Sono rimasto colpito dalla semplicità unita alla gioia, dalla pochezza delle cose materiali di questi frati, nel contempo mi è rimasta impressa la gioia dipinta sui loro volti, il modo di essere fraterni, la vita fatta di piccole cose ma comunque significativa. Insomma, una vita in cui vedevo trasparire qualcosa di diverso».

Lei è ministro provinciale delle Marche, qual è il compito di chi ha questo incarico?
«È un fratello chiamato a servire i fratelli della regione, a servirli sul piano spirituale, amministrativo, nella loro vita».

Come è scandita la vita in un convento?
«Dalla preghiera, tre volte al giorno, e dal lavoro, ma anche dai servizi nel territorio».

C’è chi vuole fare un’esperienza di francescana?
«Molti sono affascinati da quella gioia mista a semplicità che viviamo e trasmettiamo, ma poi sono pochi quelli che hanno il coraggio di fare un passo più. I giovani fanno fatica a compiere il salto vocazionale e noi, come del resto tutta la chiesa, registriamo un calo nelle vocazioni».

Lei in cosa si sente ora più completo rispetto a quando non aveva ancora preso i voti?
«L’amore dà completezza all’uomo. Mi sento più felice, in pace, mi sento amato e accolto da Dio così come sono, ciò mi dà la possibilità di restituire amore agli altri».

Lei ha incontrato Papa Francesco: cosa ricorda di quel momento?
«Ci ha concesso un’udienza privata in occasione della sua visita ai terremotati di Camerino. Il Papa nel tu per tu è capace di annullare ogni distanza che il ruolo e la gerarchia possono creare, è un uomo di semplicità evangelica penetrante e bella che ti affascina appena lo incontri. Lui incarna il Vangelo, lo vive e te lo fa assaporare. Il Santo Padre ci ha dedicato tre ore, ha condiviso con noi aneddoti, ricordi, è un uomo dalla grande affabilità e ci ha fatto capire che quando una persona è raggiunta dal Vangelo la sua umanità rinasce e fiorisce».

Lei è stato di recente in Etiopia, cosa ha scoperto in quel viaggio?
«Un mondo differente, per non dire opposto, al nostro dove c’è un’abbondanza di beni ma trovi anche vuoto e infelicità; in Etiopia, c’è una grande miseria, visibile ovunque, ma la gente sa sorridere ancora nonostante non abbia nulla, prega, ringrazia».

È stato anche alla Giornata mondiale della gioventù, cosa cercano i giovani di oggi?
«Ciò che cerca ogni persona, e cioè una vita piena, cercano la gioia, il senso della vita: è la bussola del cuore a spingere ciascuno in questa ricerca. La giovinezza è un periodo di esplorazione, una fase in cui si cerca sia qualcosa capace di rendere bella e piena la vita sia chi rende visibile una vita bella e autentica».

Lorenzo Monachesi - ilrestodelcarlino.it

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