fede

San Tommaso d’Aquino, il santo teologo

Antonio Tarallo osservatoredomenicano.it
Pubblicato il 28-01-2020

La vita, i libri, lo studio, la fede del santo

Studio, e scrittura. Teologia e approfondimento del Divino, e - facendo così - rivelazione dell’Uomo all’Uomo. Questa, in sintesi, la vita di San Tommaso d’Aquino. Lo sfondo? I libri, i suoi libri sullo studio di Dio. E’ davvero affascinante la vita del santo, nato nella piccola cittadina di Roccasecca (nel Lazio, vicino Frosinone). E, in un’epoca come la nostra, dove l’approfondimento è cosa rara, la sua figura dovrebbe far riflettere molti su come poter entrare nelle Sacre Scritture. In lui, pensiero e cuore si fondevano in armonico equilibrio: San Tommaso d'Aquino rappresenta una delle colonne del pensiero filosofico occidentale, e offre l'esempio di un ricercatore che ha saputo vivere intensamente ciò che stava al centro dei suoi studi, il Messaggio di Cristo. Ancora oggi, a distanza di secoli, rimane un testimone profetico, che ci ricorda come parola e azione debbano sempre corrispondere. Rimane un testimone profetico, da approfondire. E i suoi testi teologici - che non nascondiamo, certamente, non facili - rappresentano una trama colorita e poliedrica di una trama ancora più vasta, anzi infinita: quella del “pensiero di Dio”.

La vita
Tommaso nacque nel 1225 circa nel castello di Roccasecca (Frosinone) nel basso Lazio (faceva parte del feudo dei conti d’Aquino). Il padre, Landolfo, era di origine longobarda e vedovo con tre figli. Si era sposato in seconde nozze con Teodora, donna di origine normanna. Dalla loro unione, nacquero nove figli: quattro maschi e cinque femmine. Tommaso era l’ultimo dei maschi.
Tommaso fu mandato come “oblato” nell’Abbazia di Montecassino. Successivamente, Tommaso, fu mandato a studiare presso l’Università di Napoli, allora sotto la giurisdizione dell’imperatore. Nella città partenopea frequentò il corso delle Arti liberali ed ebbe l’opportunità di conoscere alcuni scritti di Aristotele, allora proibiti nelle Facoltà ecclesiastiche. Aveva quasi 20 anni, quando decise di entrare - nel 1244 - nell’Ordine Domenicano. Fu proprio in questo ordine religioso che i suoi superiori intuirono, fin da subito, il suo talento. Decisero, così, di mandarlo a Parigi per approfondire gli studi. Ma nella città francese Tommaso arrivò ben più tardi, e in altra veste. I genitori cercarono di fermare il suo cammino, riportandolo a Roccasecca. Solo dopo il suo proficuo lavoro di studio con San Alberto Magno a Colonia, raggiunse l’illustre meta universitaria parigina: Tommaso aveva appena 27 anni, quando si ritrovò ad insegnare a Parigi, sotto il Maestro Elia Brunet, preparandosi nel contempo al dottorato in Teologia. All’Università di Parigi, Tommaso rimase per tre anni. Nel 1259 fu richiamato in Italia: prima a Napoli, poi ad Anagni (dove si trovava la curia pontificia, dal 1259 al 1261) e infine a Orvieto (dal 1261 al 1265), dove il papa Urbano IV fissò la sua residenza. Ritornò successivamente a Parigi. Fu proprio in questo periodo che scrisse la maggior parte delle opere che ancora oggi rappresentano un “monumento teologico” nella Storia della Chiesa. Dalla città parigina, rientrò in Italia, invitato da Gregorio X al Concilio di Lione. Ma nel viaggio morì a Fossanova, il 7 marzo 1274.

Lo studio, le opere, il rapporto tra fede e ragione
E’ infinita l’opera teologica di San Tommaso d’Aquino. Ha segnato l’intera sua vita di professore, di accademico, di studioso: due vastissime “Summae”, commenti a quasi tutte le opere aristoteliche, opere di esegesi biblica, commentari a Pietro Lombardo, a Boezio e a Dionigi l’Areopagita , 510 “Questiones disputatae”, 12 “Quodlibera”, oltre 40 opuscoli. Una proliferazione di pagine e pagine che hanno segnato - in maniera indelebile - la Teologia di tutti i tempi.

“Siccome di Dio non possiamo sapere che cosa è, ma piuttosto che cosa non è, non possiamo indagare come Egli sia, ma piuttosto come non sia”. Così il prologo della sua più famosa opera, la “Summa theologiae”. L’incipit già è espressivo dell’intera opera: la ragione umana in piena umiltà davanti alla grandezza, immensità di Dio. Tommaso si propose perciò di adottare un metodo scientifico, basato sugli stessi criteri utilizzati da Aristotele, estendendo alla teologia il procedimento deduttivo proprio delle scienze razionali e della metafisica, assumendo però come dati di partenza, a differenza di queste, non delle verità empiriche, bensì degli articoli di fede. Immensa novità del pensiero filosofico dell’epoca. Tommaso parte dalla constatazione che i contenuti della fede, non possono - certamente - contraddire le verità scoperte dalla ragione naturale. Questa, è comunque in grado di fornire a sua volta alcuni “preamboli” - definiamoli pure così - capaci di elevare alla fede. Proprio grazie alla ragione - in questo suo schema “scientifico” - ad esempio, si può arrivare a conoscere “il fatto che Dio è” (in latino, “de Deo quia est”). Senza questa premessa, non si potrebbe credere che Gesù ne sia il Figlio. Quel che rimane inconoscibile alla ragione - ossia il “quid est” ( “che cosa è” Dio) - resta invece oggetto di fede.

La vita e l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino si potrebbero riassumere in un episodio tramandato dagli antichi biografi. Mentre il santo era in preghiera davanti al Crocifisso - l’episodio si riferisce al periodo napoletano e sarebbe avvenuto nella Cappella di San Nicola, a Napoli - Domenico da Caserta, il sacrestano della chiesa, sentì svolgersi un dialogo. Tommaso chiedeva, preoccupato, se quanto aveva scritto sui misteri della fede cristiana fosse giusto. E il Crocifisso rispose: “Tu hai parlato bene di me, Tommaso. Quale sarà la tua ricompensa?”. Tommaso non ebbe alcun dubbio: “Nient’altro che Te, Signore!”.

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