fede

Quando Giovanni Paolo II voleva diventare carmelitano

Antonio Tarallo Ansa
Pubblicato il 16-07-2019

Il giovane Wojtyla e l’amore per la Vergine del Carmelo

Il giovane Wojtyla e l’amore per il Carmelo

Le tracce della devozione di Giovanni Paolo II per l’Ordine del Carmelo – e in particolar modo per lo scapolare – si perde nel tempo. Bisogna addirittura fare un viaggio a ritroso, molto a ritroso, per trovare le prime “impronte carmelitane” nella sua vita. Una poesia, ci testimonia un giovane Karol Wojtyla, aspirante carmelitano. In “Rive colme di silenzio”, Wojtyla fa riferimento a una “speciale “soglia”, quella del vicino monastero dei carmelitani: “Lontane rive di silenzio cominciano appena al di là della soglia. / Non le sorvolerei come un uccello. / Devi fermarti a guardare sempre più in profondità/ finché non riuscirai a distogliere l’anima dal fondo”.


Grande studioso dell’opera poetica e mistica di San Giovanni della Croce, Wojtyla. E si avverte profondamente nelle sue opere poetiche della gioventù, quanta influenza abbia avuto il monumento della spiritualità carmelitana. Chissà quante volte, il giovane Karol, si sarà perso nella meditazione della famosa frase: “Per giungere dove sei, devi passare per dove non sei. Per giungere a possedere tutto, non volere possedere niente. Per giungere ad essere tutto, non volere che essere niente”.  Fu questo il programma di vita, del giovane polacco. E, a testimoniare tutto questo amore per le opere di Juan de Yepes Álvarez (il nome originario di San Giovanni della Croce), vi è la sua tesi di dottorato, dal titolo “Doctrina de fide apud Sanctum Ioannem a Cruce”. Il dubbio se entrare o meno nel monastero carmelitano della vicina città Czerna, venne sciolto nel 1945, dal principe vescovo Saphie. Wojtyla, al suo quarto e ultimo anno di teologia, andò da Saphie per chiedere consiglio. Il vescovo non ebbe esitazione: “Bisogna prima finire quello che si è cominciato”.

Wojtyla continuò il seminario, e rinunciò al Carmelo.



Il pontefice Giovanni Paolo II e lo scapolare

Non divenne carmelitano, ma l’Ordine e – soprattutto – la figura della Vergine del Carmelo, rimasero nel cuore di Wojtyla, tanto che il suo pontificato, possiamo ben dirlo, “venne influenzato” – in una certa maniera – da tutto questo sentimento-teologico carmelitano.

Quando si avvicinava la festa della Madonna del Monte Carmelo, il Papa spesso parlava dello scapolare carmelitano, soffermandosi sul suo valore, nell’Oggi. In una udienza del 16 luglio 1988, con un gruppo di alpini, Giovanni Paolo II ricordò l’esortazione del suo predecessore Pio XII a scegliere lo scapolare tra le molte espressioni di devozione a Maria. Qualche giorno dopo nella residenza estiva di Castel Gandolfo, il Papa definiva lo scapolare “una grazia particolare di Maria”. Nel 1989, in un discorso ai giovani della Parrocchia Carmelitana romana di Santa Maria in Traspontina, il Papa disse di essere stato nella sua giovinezza debitore allo scapolare carmelitano e paragonò il modo con cui Maria ci veste del suo scapolare a una madre che gode nel vedere i suoi figli vestiti come si deve: “Maria del Monte Carmelo ci veste in senso spirituale. Lei ci veste con la grazia di Dio e ci aiuta sempre”.



Ed è proprio a questa chiesa romana, a pochi passi dal Vaticano, e allo scapolare è legato un interessante avvenimento. In una intervista a Joaquin Navarro-Valls, su “La repubblica” del 24 aprile 2011, in merito all’attentato in Piazza San Pietro, raccontò questo episodio:



“Il Papa era ancora cosciente, sull'ambulanza. Perse i sensi arrivando in ospedale, per la perdita di sangue e il crollo della pressione sanguigna. Ma riuscì in un momento di lucidità a dire ai medici di lasciargli al collo lo scapolare, il rettangolo di stoffa dei carmelitani dedicato alla Vergine. Fu operato con lo scapolare addosso, quella volta e in tutti gli interventi successivi che dovette subire”
.

Il papa, al ritorno dall’ospedale, chiese ai Padri Carmelitani della Traspontina un nuovo scapolare e mandò un mazzo di rose rosse alla statua della Madonna del Carmine, presente nella chiesa, in segno di ringraziamento.


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