fede

Padre Enzo Fortunato: gli affreschi di Assisi non meritano sospetti

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Credo che il dibattito su San Francesco sia salutare perché dimostra l'attualità del santo di Assisi. Il suo messaggio, indicato da Papa Francesco nella sua prima conferenza stampa («Ho scelto il nome Francesco perché uomo che ama i poveri, uomo della pace, uomo che ama e custodisce il creato»), rappresenta per tutti la strada da percorrere. Un percorso tracciato da quella Biblia Pauperum in cui le immagini setacciano la vita di Gesù e da cui trarre insegnamenti, gli stessi cui il santo di Assisi aderì. Un'adesione che si ripropone nelle 28 scene che amo definire il primo film a colori sul Santo. Nelle basiliche di Assisi, come anche nelle fonti francescane, compaiono le gesta di Francesco: in parte allegoriche e in parte relative a eventi realmente accaduti. Tutte sono ispirate agli Scritti che, al di là delle critiche, delle domande di veridicità o meno, portano in grembo un messaggio universale. La strada maestra segnata da San Francesco non risente delle interpretazioni contemporanee o postume che risultano essere solo deviazioni prive di sbocchi, se paragonate al pilastro del suo carisma in cui brilla la carità, la giustizia e la comprensione verso il prossimo. Per questo mi piace dire che non ci sono messaggi nascosti nella Basilica, al contrario di quanto afferma l'amica Chiara Frugoni ( nel saggio Quale Francesco? appena pubblicato da Einaudi, ndr). Il rischio della storica è quello di fermarsi sui dettagli, tralasciando l'universale. Assisi parla al mondo. Negligenze e divisioni, seppur ci siano state, si disperdono di fronte all' Alter Christus che, se anche esaltato da alcuni dipinti o passi delle fonti francescane, non stempera il suo essere il «Santo dell'esempio», colui nel quale la Chiesa ha creduto per vicinanza al Vangelo e quanto modello «non impossibile». Con Francesco non siamo più davanti dell'irraggiungibilità del divino, bensì nell'esaltazione del divino che c'è in ognuno di noi. Ciò che non avrebbe voluto Francesco, forse, è la speculazione sul suo messaggio di amore universale: verso la Chiesa, il povero, i suoi frati, il prossimo, il ladrone, il sultano, per il carcerato, l'ammalato, i cattivi. E in basilica ci sono tutti. E sono proprio i due presupposti di Chiara Frugoni, uno di natura culturale e l'altro di natura storica, che smontano di fatto la sua interpretazione. La Basilica superiore non era destinata alle riunioni dei frati, non è stata eretta come un salone. Ma la sua struttura è stata pensata teologicamente: passione e morte (basilica inferiore e cripta) e resurrezione (basilica superiore). Se veniva dunque decorata solo mezzo secolo dopo è stato solo perché andava completata ed erano necessarie risorse. L'altro presupposto è che Giotto, giustamente, usa come guida i testi di San Bonaventura, il quale è il primo a sostenere che per poter vivere l'esperienza di Dio (ascensus) si è chiamati necessariamente ad attraversare la strada della minorità, della povertà (discensus). Dalle interpretazioni e dall'esegesi dei suoi testi risulta chiaro che Francesco è stato, è, e sempre sarà il Francesco dei poveri, della pace, del creato. E a Chiara desidero dire grazie, perché anche con lei il dibattito sul santo più amato è sempre attuale. Sperando che grazie al suo nome lo si possa nuovamente «illuminare». (Panorama)

Padre Enzo Fortunato,
direttore Sala stampa Sacro convento di Assisi

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