fede

Il Serafino come itinerario della mente

Lorenzo Chiucchiù Wikipedia
Pubblicato il 20-11-2021

Il nucleo teologico dell'Itinerarium mentis in Deum di Bonaventura da Bagnoregio 

Il nucleo teologico dell'Itinerarium mentis in Deum di Bonaventura da Bagnoregio è tutto contenuto nella visione che Francesco ebbe il 17 settembre del 1224 alla Verna. “Vide un uomo in forma di Serafino, con sei ali, librato sopra di lui, con le mani distese e i pedi uniti, confitto a una croce” (Tommaso da Celano, Vita Prima). Ogni uomo è per Bonaventura un viator, un pellegrino metafisico che tende alla “patria celeste” (Leggenda maggiore).  E come sei sono le ali del Serafino apparso a Francesco così, per Bonaventura, sono sei le illuminazioni che l'uomo incontra  nel suo viaggio verso la contemplatio, attraverso le sex illuminationes scalares, le sei illuminazioni successive che l'anima “attinge nel rapimento estatico proprio della sapienza cristiana”.  A queste sei illuminazioni si perviene attraverso altrettante vie.

Nella prima via si passa “attraverso la considerazione delle vestigia divine che sono corporee, temporali ed esterne a noi”. Si deve poi entrare nella “nostra mente che è immagine di Dio, immortale, spirituale e in noi, e questo significa penetrare nella verità di Dio”.  Con la terza via “ci eleviamo a ciò che è eterno, puro spirito trascendente, fissando lo sguardo sul primo Principio”. Le vie definiscono i modi attraverso i quali l'uomo entra in rapporto con ogni realtà: nella prima via si comprendono le “cose corporee, esterne a noi”; nella seconda  “che si volge in se stessa, senza uscire da sé” si incontra “lo spirito”; nella terza “l'anima si volge alle realtà che la trascendono”. E ognuna di queste vie, prosegue Bonaventura, ogni modo di comprensione che culmina in illuminazione, è il riflesso di un'altra via speculare. Questo accade perché possiamo considerare “Dio come alfa e omega”, oppure “in quanto vediamo Dio come per mezzo di uno specchio o come dentro uno specchio”. Ogni via riflette l'altra e ne è il riflesso.

Dunque le tre “vie dell'ascesa diventano sei”, così che “il microcosmo, cioè l'uomo, venga condotto, attraverso successive illuminazioni, al riposo della contemplazione”.  Le sei illuminazioni sono per Bonaventura simboleggiate dalle sei ali del Serafino. Ma questo punto è chiaro che non si tratta di una semplice allegoria a scopo didascalico, ma della riproposizione, in chiave tanto conoscitiva quanto soteriologica, di una gerarchia angelica secondo la quale i serafini appartengono al cielo più prossimo a Dio (il Primo mobile, o cristallino). Dall'Empireo i cherubini ordinano il cosmo; cantando le lodi di Dio cadenzano i movimenti celesti (ecco come nasce “la musica delle sfere”). In questa prospettiva si comprende come Francesco sia chiamato serafico, ovvero rifletta i caratteri di un Serafino. Un Serafino sui generis, poiché Francesco si rispecchia alla Verna in un angelo crocefisso: il Serafino era “di una bellezza inimmaginabile; ma Francesco era contemporaneamente atterrito nel vederlo confitto in croce nell'acerbo dolore della passione” (Vita prima). 

Il Serafino di Francesco non è dunque solo, come nell'angelologia tradizionale, il vertice di ogni possibile illuminazione e conoscenza, ma anche principio del grido in croce. Dal momento in cui Francesco è segnato dall'incontro con il Serafino, quando “la novità di quella visione si era impressa nell’animo” (Vita prima) specchiandosi nel corpo attraverso le stimmate, la regola francescana può essere considerata speculare alle vie verso le illuminazioni di Bonaventura. In questo senso è possibile leggere il Cantico delle creature come il canto sapienziale di un Serafino, memore della croce, che ordina il cosmo verso la salvezza.  (Rivista San Francesco - clicca qui per scoprire come abbonarti)

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