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Assisi, continua il Cortile di Francesco

Redazione Redazione Rivista San Francesco
Pubblicato il 18-09-2021

In streaming sul sito cortiledifrancesco.it

Continuano gli incontri del Cortile di Francesco. La tre giorni di eventi continua fino a domenica e potrà essere seguita in streaming sul sito cortiledifrancesco.it. Di seguito una trascrizione non integrale di uno degli interventi di oggi, La NATO in Asia dopo l'abbandono di Kabul con Stefano Pontecorvo intervistato dalla giornalista Francesca Romana Elisei.

Chi comanda oggi in Afghanistan?

Chi comanda davvero oggi in Afghanistan e probabilmente nei mesi a venire è l'ala militare che ha vinto la guerra, vicino a un paio di paesi della regione, Pakistan e Iran, e che però contrariamente a quello che pensiamo non li controllano a bacchetta. Sono stato quattro anni e mezzo ambasciatore in Pakistan, e so che non li controllano, è una credenza messa in piedi come retorica. Un alto dirigente afghano mi disse, quando gli chiesi di moderare i toni dopo visite di alto livello in Pakistan, la retorica antipakistana è l'unica cosa unificante che abbiamo. L'Iran e il Pakistan hanno influenza, ma non li controllano.

Tra i talebani c'è una frattura da anni: la leadership politica a Doha e quelli a Quetta, Kandhar e Kabul sono stati sopravanzati da chi ha vinto la guerra e hanno maggior voce in capitolo. E poi ci sono i pashtun, talebani del nord, che rivendicano la prima spallata e che non fanno parte del governo. L'Afghanistan potrebbe diventare un santuario per i terroristi? Temo di dover dire che già lo è, nel senso che i talebani si ritrovano uno stato in cui è crollata l'istituzione di sicurezza, perché i talebani si ritrovano in uno stato in cui è crollata l'istituzione di sicurezza, che va ricostruita su basi diverse da quelle che gli abbiamo lasciato noi, incompatibili per cultura e tradizione. Se anche i talebani volessero controllare tutto, non hanno numeri. Ci sono inoltre prove di legami tra talebani e Al-Quaeda.

Chi ci protegge da questo scenario di un Afghanistan che diventa una piattaforma per la ripresa del terrorismo?


Noi abbiamo ancora informazioni, sta ai talebani, quando si struttureranno, e ai Paesi limitrofi, far sì che i talebani controllino il territorio e non consentano certe attività. Buona parte delle organizzazioni che si trovano e lavorano in Afghanistan hanno come bersaglio diretto uno o più Paesi della Regione. Noi ci dobbiamo preoccupare di Al Quaeda e Isis, che è un nemico comune di tutti, inclusi i talebani con cui non vi può essere nessuna intesa, checché se dica. Sono divisi da una divergenza dottrinaria. Inoltre il capo dell'Isis e il capo dell'Emiro hanno il titolo di guida dei fedeli, cui i fedeli giurano fedeltà; ma questa persona può essere solo una. Secondo aspetto, l'Isis per sua vocazione ha bisogno di un territorio, e ha puntato due regioni che i Talebani non vogliono cedere.

In Afghanistan c'è chi si accontenta di sopravvivere, ma anche chi vuole di più, diritti, partecipazione alla vita pubblica?

La democrazia dà dipendenza, e c'è una parte di popolazione che non si accomoda a vivere come i talebani vorrebbero. Ma è purtroppo una parte minoritaria, e sono uscite dal Paese, impoverendo la società civile. Rimangono una serie di giornalisti, ma non mi aspetto una risorgenza di manifestazioni di piazza, anche se nelle prime tre settimane ci sono state più manifestazioni che nei quattro anni precedenti. La società è cambiata anche perché siamo stati lì, c'è una differente urbanizzazione, siamo passati dal 75% circa di popolazione rurale, a una percentuale odierna molto inferiore. 


Continuano gli incontri della settima edizione del Cortile di Francesco, dedicato alla Speranza. Nel corso dell'incontro "Migranti", al quale hanno partecipato Mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa, Angelo Chiorazzo, fondatore della cooperativa Auxilium,  i mediatori culturali Wali Hassanzada e Samir Khuja, monsignor Perego ha tracciato anche un bilancio della Fratelli Tutti, l'Enciclica di Papa Francesco firmata sulla tomba del Santo di Assisi il 3 ottobre 2020. A un anno di distanza dalla Fratelli Tutti Mons. Perego vede "un'attenzione particolare a questa Enciclica da parte di ogni realtà. Recentemente a Ferrara abbiamo fatto un incontro a partire dal testo della Genesi con gli ebrei, musulmani, pachistani, tunisini e ortodossi, e ho visto che anche il mondo musulmano è molto attento e sta facendo una riflessione. Credo sia un'Enciclica che ha innestato un elemento nuovo nel dialogo interreligioso e in quello ecumenico. Questa Enciclica ci ha fatto rileggere una parabola fondamentale, quella del buon samaritano. È la parabola della carità cristiana. Siamo a 50 anni dalla Nascita di Caritas Italiana e nello statuto che Paolo VI ha dato all'associazione, c'era questa immagine che accompagnava questa riforma della struttura di carità nel nostro paese. Dalla Caritas, dalle prime due persone si sono generati 5 milioni di volontari, migliaia di cooperative sociali, un mondo di protagonismo. Credo che rilanciare questa parabola significa ridire a ciascuno di noi che prima di tutto c'è la carità, anche nel mondo dell'immigrazione, del lavoro, la contrattazione, il patto sociale. Significa rilanciare il tema della prossimità e della cura. Nella pandemia ci siamo accorti dell'importanza di figure e luoghi che erano in secondo piano, gli ospedali, i medici, gli infermieri. Parlando al corpo diplomatico, Papa Francesco aveva detto a inizio anno che la fraternità e la speranza sono parte di una cura come i vaccini. L'importanza della prossimità come uno degli strumenti fondamentali per cambiare questo mondo egoista, individualista, in cui ognuno di noi è invitato a cambiare strada, come il samaritano che ha incontrato una persona che aveva bisogno. Credo che la prossimità sia un altro elemento importante su cui stanno nascendo una serie di segnali. Non sarà un'Enciclica che si esaurisce in un anno, ma ci accompagnerà in una stagione importante della nostra vita e nella nostra storia, come è stata la Rerum Novarum o la Populorum Progressio, che servirà per cambiare sostenzialmente lo stile della nostra vita. A un anno di distanza sta maturando consapevolezza che in questa enciclica c'è un nuovo modello sociale e di fare politica, e di incontro religioso". La tre giorni di eventi continua fino a domenica e potrà essere seguita in streaming sul sito cortiledifrancesco.it

Prima del concerto della banda della Polizia di Stato, al Cortile di Francesco si parla de La responsabilità dell'impresa, in un panel moderato da Franca Giansoldati, giornalista de Il Messaggero. 

Brunello Cucinelli, Imprenditore

Io credo ci sia una ripartenza morale, civile, etica, spirituale ed economica. Ho 68 anni, mio padre e mio nonno hanno fatto la guerra ma non ci hanno mai trasmesso la paura, bensì la speranza. Noi invece ai nostri figli abbiamo trasmesso l'obbligo di aver paura. E io mi auguro che la paura sia sostituita dalla speranza. Inoltre si dice: se non studi andrai a lavorare: al lavoro vengono addebitate le colpe per non aver studiato . Invece si scopre che le persone più di successo hanno studiato poco. C'è un'intelligenza da studio che è un'intelligenza dell'anima, e San Francesco è colui che sostiene l'intelligenza dell'anima.  Platone e Aristotele parlavano di contratto sociale, poi se ne parla in Hobbes, Locke e Rousseau. Noi dovremmo scrivere un contratto sociale con il creato. Quando vivevamo in campagna vivevamo in armonia con il creato. Sostenibilità è una parola noiosa, e in italiano sostenibile significa che non è puro. Equilibrato è più dolce di sostenibile, e secondo me è più bello.  

Carlo Montalbetti, direttore Generale Comieco

Il tema dello scarto a che vedere con il sistema di produzione, ed è un elemento rilevantissimo. Il Comieco, fondato nel 1985, nasce perché i soci fondatori si erano domandati se c'era un futuro per un settore industriale basato sul riciclo. E un sociologo, Alberoni, disse: "Avete un futuro da costruire perché la vostra materia prima, gli alberi, sono naturali". Pensate a quanto anni ci sono voluti per una maggiore consapevolezza, ma è un processo lungo, non immediato, quello che il Papa indica. Se facciamo mente locale alle settimane, mesi, giorni, che milioni di italiani hanno passato in casa, saper consumare bene è diventato elemento di maggiore consapevolezza. E pensiamo anche a tutti quei lavoratori che nonostante la pandemia hanno continuato a lavorare per garantire le condizioni di base, come il portare via i rifiuti.  Noi siamo entrati in una stagione di metamorfosi, di cambiamenti, che sono sempre importanti e impetuosi. Nel nostro caso, la materia prima, la carta, può entrare per sette volte in una casa in un modo diverso, cambiando forma ma non la sostanza. La speranza è una cosa molto concreta e il passaggio che abbiamo avuto ci ha dimostrato che esiste un bottone rosso che, se viene schiacciato, cambia le cose: noi, i primi di marzo dello scorso anno, abbiamo cambiato radicalmente i nostri comportamenti. E possono cambiare anche sui temi ambientali.

Mariano Roman, Socio e amministratore delegato di Fantic e socio fondatore di Venetwork

La transizione ecologica, se intesa nel modo opportuno, porta solo dei vantaggi. La nostra azienda è storica, noi l'abbiamo acquistata sei anni fa, faceva un milione di fatturato, e noi abbiamo detto: investiamo nella mobilità attuale, investiamo nel Caballero, e questo ha funzionato bene, ma abbiamo anche detto di investire nella mobilità elettrica e questo ha portato all'azienda dei risultati importanti, portandoci a fatturare 150 milioni con una proiezione al 2024 di 400 milioni di euro. In Fantic eravamo sei persone sei anni fa, oggi siamo 340 persone, e nel 2024 saremo circa 600. Qual è il ruolo sociale dell'impresa? Noi, con alcuni imprenditori, siamo una sessantina, abbiamo deciso di mettere delle risorse insieme per acquistare aziende e valorizzarle, per sviluppare l'economia e il tessuto del territorio. 

 

 

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