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Le donne che salvano le terre

Marta Serafini - Corriere della Sera Morgana Vargas Llosa
Pubblicato il 08-06-2020

Una fotografa e la lotta di tre peruviane per gli Indios

«Quando ho scoperto che mio figlio aveva 17 metalli tossici in corpo, è stato allora che ho capito di dover far qualcosa». Carmen Chambi è leader della comunità dell’Alto Huancané. Vive sulle Ande a quattromila metri sul livello del mare nella provincia di Espinar. Come altri 4.867 peruviani, Carmen e la sua famiglia è stata esposta a metalli pesanti. Perdita di memoria, infertilità, aborti spontanei, perdita della vista, diabete, malattie del fegato, insufficienza renale, cancro e danni irreversibili allo sviluppo del feto sono gli effetti. La causa, l’inquinamento da arsenico, cadmio, piombo e mercurio utilizzati nello sfruttamentodelle zone minerarie. «Nel 2016 uno studio del ministero della Sanità peruviano ha reso noto che più della metà dei residenti della comunità aveva livelli anormali di mercurio nel sangue e che livelli allarmanti di cadmio e piombo erano stati rinvenuti anche nei bambini»., sottolinea Morgana Vargas Llosa, figlia dello scrittore e Premio Nobel, che come fotoreporter ha documentato la sofferenza delle peruviane. 


Dall’Espinar all’Amazzonia, dove le comunità indigene sono costrette a raccogliere l’acqua piovana contaminata. «Ho visto tutto il fiume coprirsi di petrolio». Anche Luisa Teets, indigena leader Awajún della comunità di La Curva a Chiriaco, ricorda. «Ad un certo punto la terra ha smesso di essere fertile, la yucca ha iniziato a morire». Lo stesso valeva per il pesce. Piante, animali, esseri umani «Stiamo avvelenando i nostri figli», insiste Flor de María Paraná, indigena della comunità Kukama di Cuninico, sempre in Amazzonia. A denunciare l’assenza di cure mediche adeguate in favore delle comunità native andine e amazzoniche è Amnesty International che, in un rapporto dal titolo «Uno stato tossico», ha raccolto statistiche e testimonianze. «Da decenni, i nativi del Perù sono trattati come cittadini di seconda classe. Il fatto che le autorità peruviane abbiano deciso di fare molto poco a fronte delle prove sull’esposizione di centinaia di nativi a metalli tossici non solo è crudele ma costituisce una violazione del dirittoalla salute», si legge nel report. Carmen, Flor de María e Luisa però non si sono date per vinte e si sono unite inuna piattaforma che rappresenta le persone colpite di 12 regioni del Perù. «È un’azione tutta al femminile che ho sentito il dovere di raccontare», continua Morgana Vargas Llosa. E che ha portato ad un risultato importante l’anno scorso, quando il governo di Lima si è impegnato a creare una commissione di indagine e approvare un quadro nazionale per garantire le terapie necessarie.

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