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Al via l’offensiva turca contro i curdi, vittime civili. La (timida) condanna internazionale

Redazione AsiaNews
Pubblicato il 10-10-2019

Ankara parla già di almeno 181 obiettivi dei “terroristi” colpiti. La replica curda parla di offensiva “respinta”

La Turchia ha iniziato la tanto annunciata offensiva contro i curdi nel nord-est della Siria, con una serie di raid aerei nel pomeriggio di ieri cui sono seguite operazioni di terra con lancio di missili e spostamento di truppe. Secondo una nota del ministero turco della Difesa, in questa prima fase i militari avrebbero centrato un totale di 181 obiettivi dei “terroristi”, come Ankara definisce le forze curde Ypg (le Unità di Protezione Popolare) protagoniste della lotta contro lo Stato islamico (SI, ex Isis). Immediata la replica curda, che parla di offensiva “respinta”.

A nulla è valsa la pressione internazionale sul presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha deciso di andare fino in fondo nell’offensiva contro il nemico curdo oltreconfine, in Siria. Una offensiva che sembrava aver ottenuto in un primo momento il via libera dal presidente Usa Donald Trump, che poi ha compiuto una parziale marcia indietro. Nelle fasi precedenti l’inizio dell’attacco Erdogan ha parlato con l’omologo russo Vladimir Putin, senza cambiare idea.

Secondo fonti curde, uno dei raid aerei sferrati dall’aviazione turca ieri pomeriggio ha centrato una prigione al cui interno sono rinchiusi miliziani dell’Isis. Analisti ed esperti sottolineano che uno dei rischi legato all’offensiva turca è che i miliziani jihadisti possano ritrovare nuovo vigore, riorganizzarsi sul territorio e riprendere la lotta armata dopo le pesantissime sconfitte - almeno a livello militare - degli ultimi due anni in Siria e Iraq.

In un messaggio su Twitter il portavoce dei combattenti curdi ha parlato di “grande panico” fra la popolazione civile della regione. E secondo l’Ypg vi sarebbero già diverse vittime civili. Voci confermate anche dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con base nel Regno Unito e una fitta rete di informatori sul territorio, che parla di almeno 15 morti, fra cui otto civili a Qamishli.

Di vittime parlano anche alcuni gruppi assiro-caldei sui social, secondo cui vi sarebbero “almeno due morti” fra la popolazione cristiana di Qamishli, oggetto di un pesante bombardamento confermato da video amatoriali.

Intanto si moltiplicano le timide reazioni internazionali di fronte a una offensiva turca che, di fatto, non ha incontrato resistenze soprattutto fra le cancellerie occidentali. Il presidente Usa Donald Trump ha definito le operazioni turche oltreconfine in Siria una “cattiva idea”. La Lega araba ha indetto una riunione di emergenza per il prossimo 12 ottobre al Cairo, su richiesta dell’Egitto, per “discutere dell’aggressione turca in territorio siriano”.

Parole di condanna anche dal ministero libanese degli Esteri, secondo cui l’offensiva di Ankara è una “aggressione” e una “occupazione” verso un Paese arabo fratello. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ricorda che ogni operazione militare deve rispettare la carta Onu e il diritto umanitario internazionale. Il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker esorta la Turchia a mostrare contegno e interrompere l’operazione militare. Il capo della NATO Jens Stoltenberg spera in operazioni “misurate” e “proporzionate”. Per il ministro tedesco degli Esteri Heiko Maas l’operazione destabilizzerà ancor più la regione e rafforzerà lo Stato islamico.

Critiche e attacchi respinti al mittente dal governo di Ankara, che ricorda alle nazioni arabe e del Golfo “le vittime e le persone morte di fame nello Yemen” a causa della guerra alimentata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. “Avete ucciso e fatto morire di fame così tanti civili nello Yemen. In base a quale diritto - sottolinea Mevlüt Cavusoglu, capo della diplomazia turca - oggi vi opponete a questa operazione”.

Redazione Asianews

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