Le visite dei pontefici
La sorella Marianna indossa il hijab e si lamenta. «Vorrei un velo più adeguato, l'ho chiesto ma non posso averlo». Un velo più coprente di questo che le lascia il volto a vista. Mamma Assunta no, è vestita all'occidentale, molto provata. «Difficile stare qui, isolati da tutto da un momento all'altro». Valle a dire che la figlia in nero, cella al primo piano e Corano sempre aperto, desidererebbe tanto «farle gli auguri ora che sta finendo il Ramadan».
Basterebbe questa frase per capire le sfumature. Poi c'è papà Sergio. Ha accorciato la barba, di pochissimo. Dice: «Prego Allah perché questa storia finisca. Il digiuno? Purtroppo non posso: devo prendere delle medicine». Carcere di San Vittore. Quaranta e passa per cento di detenuti musulmani: il resto, direbbe Maria Giulia Sergio, la Fatima che col lavaggio del cervello jihadista ha fatto finire dietro le sbarre padre, madre e sorella, sono "miscredenti". Eccoli i Sergio di Inzago. Dall'hinterland milanese all'Is (quasi): e poi in carcere. Dentro da 13 giorni. Isolati. Non possono comunicare né tra loro né con altri detenuti. Ricapitoliamo: i poliziotti della Sezione Antiterrorismo della Digos di Milano li arrestano nella villetta color ocra alle porte di Milano dopo avere ascoltato per mesi le conversazioni ad alto tasso terroristico con Maria Giulia, la 28 enne arruolata nelle file dell'Is assieme al marito albanese Aldo "Said" Kobuzi. Lei in Siria a decantare via Skype lo «Stato perfetto» fondato sulle «decapitazioni in nome di Allah» e via delirando; loro nella casetta di periferia ormai pronti a lasciarsi alle spalle l'Italia miscredente e a imbarcarsi su un volo per la Siria, «con una sola valigia», come li aveva istruiti Fatima. La famiglia jihad adesso parla.
L'occasione è la visita nel carcere di San Vittore — ieri — di Khalid Chaouki, parlamentare marocchino del Pd. I colloqui avvengono in cella. La figlia Marianna è un piano sotto, anche lei cella singola. Trent'anni, la sorella maggiore di "Fatima" era ed è la più convinta. Quella che per prima ha "trapassato", quella che forse, chissà, se non l'avessero arrestata avrebbe gia imparato a usare il kalashnikov per eliminare i «non convertiti». La Repubblica
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