Le visite dei pontefici
Il Vaticano manifesta soddisfazione per l'esito della votazione all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a favore di uno Stato palestinese. In passato si erano espressi in questa direzione già Paolo VI e Giovanni Paolo II, il primo pontefice che ricevette più volte in Vaticano, Yasser Arafat.
Benedetto XVI durante il suo viaggio in Israele, due anni fa, aveva chiarito la linea diplomatica della Santa Sede che pur restando neutrale si sarebbe battuta per il riconoscimento del diritto di due popoli in due Stati, da una parte i palestinesi che chiedevano di poter essere riconosciuti a livello internazionale e di poter vivere in libertà e senza costrizione nei movimenti, dall'altra gli israeliani con il loro sacrosanto diritto a vivere in sicurezza, senza essere continuamente minacciati.
«La Santa Sede, che è osservatore al Palazzo di vetro, accoglie con favore la decisione dell'Assemblea Generale, con la quale la Palestina è diventata Stato Osservatore non membro delle Nazioni Unite» hanno fatto sapere in Vaticano. Con l'occasione la Santa Sede ha riproposto all'attenzione di tutta la comunità internazionale il riconoscimento di uno statuto speciale internazionalmente garantito per la città di Gerusalemme, luogo santo per ebrei, musulmani e cristiani, «ai fini di preservare la libertà di religione e di coscienza, l'identità e il carattere di Gerusalemme quale Città Santa, e il rispetto e l'accesso ai Luoghi Santi situati in essa». Una soluzione salomonica che però è sempre stata accantonata perché ritenuta impraticabile soprattutto dagli israeliani.
«Condividiamo la gioia della popolazione palestinese e dei suoi leader.
La strada verso la pace è lunga e si percorre attraverso il negoziato che va ripreso» ha commentato il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal. I 138 si, 9 no e 41 astenuti possano essere «un passo anche a favore di Israele che ormai potrà dialogare con uno Stato e non con estremisti o terroristi come si riteneva nel passato».
La strada però è ancora lunga. Twal fa presente che «Israele è in disaccordo e speriamo che passo dopo passo si possa arrivare ad una soluzione giusta per entrambi i popoli. I negoziati devono essere ripresi per trovare le soluzioni migliori».(Il Messaggero)
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