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Quaresima, Papa: un buon cristiano sa riconoscere le piaghe

Redazione Istituto Serafico Assisi
Pubblicato il 08-03-2019

Intervista a Francesca Di Maolo Presidente dell’Istituto Serafico di Assisi

Siamo ufficialmente entrati nel periodo di Quaresima, un periodo di 40 giorni di preparazione alla Pasqua e quindi preparatorio alla risurrezione di Gesù Cristo. Periodo nel quale è importante ricordare ciò che Gesù ha detto a Suor Maria Marta Chambon: “ti ho scelta per diffondere la devozione alle mie Sante Piaghe nei difficili tempi in cui viviamo”. Ad Assisi ci sono vari luoghi in cui è possibile ascoltare, vedere e toccare con mano le Piaghe di Cristo, uno di questi sicuramente è l’Istituto Serafico di Assisi in cui, da quasi 150 anni, si prende cura di bambini e ragazzi, con disabilità plurima grave e gravissima, che provengono da tutta Italia.

Papa Francesco nel 2013 visitò la città di San Francesco e come prima tappa scelse proprio il Serafico ricordando, nel suo discorso, l’importanza delle piaghe dicendo: “Noi siamo fra le piaghe di Gesù.  Queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate, di essere riconosciute. Gesù è nascosto in questi ragazzi, in questi bambini, in queste persone... Gesù nascosto in queste piaghe. Hanno bisogno di essere ascoltate!”

Abbiamo intervistato la Presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, Francesca Di Maolo, e chiesto quali emozioni porta ancora ancora con se di quella storica giornata: “fu un discorso rimasto nel cuore di ognuno di noi perché parlò di piaghe, ma in un modo insolito. Ci invitò ad ascoltarle. In genere le piaghe si toccano, si curano, si lavano e lui, invece, ci invitò a considerare che nel rapporto con la persona sofferente, il soggetto principale non è la persona che cura, ma è il malato, il ferito. Ferite che abbiamo ognuno di noi”.

La società di oggi sembra distante dagli ultimi, quanto è importante occuparsi di chi è in difficoltà?

 La società può ritrovare sé stessa, solo se parte dal prendersi cura dei più fragili e delle piaghe. L’accostarsi alle piaghe con un atteggiamento di ascolto presuppone una conversione, quella del cuore perché la persona sofferente, in quel cuore, trova anche le tue ferite. Questa compassione, da cum patiur, che non sta a significare provare pietà ma provare qualcosa di profondo per l’altro in cui possiamo ritrovare il senso delle relazioni e l’uomo è in relazione. Senza di essa possiamo coltivare solo dei deserti infiniti“.

Una visita che ha lasciato momenti molto forti dal punto vista emotivi

“Bambini ciechi o gravemente autistici che non sopportano di essere toccati, quel giorno si aprirono, uno ad uno. Per un bambino cieco e con gravi deficit cognitivi, il Papa era il ‘signor nessuno’, e quella mattina ognuno di loro riconobbe il Padre, in un abbraccio che si è ripetuto con 105 piccoli, ed era evidente che il Santo Padre in ognuno di loro riconobbe il Figlio”.

Papa Francesco concluse la sua visita con una speranza: “Gesù, quando è Risorto era bellissimo. Non aveva nel suo corpo dei lividi, le ferite… niente! Era più bello! Soltanto ha voluto conservare le piaghe e se le è portate in Cielo. Le piaghe di Gesù sono qui e sono in Cielo davanti al Padre. Noi curiamo le piaghe di Gesù qui e Lui, dal Cielo, ci mostra le sue piaghe e dice a tutti noi, a tutti noi: ‘Ti sto aspettando!’.

 




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