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Migranti. L’ammiraglio De Giorgi: vite da salvare ora le navi tornino in mare

Redazione
Pubblicato il 30-07-2019

«Esprimo la mia piena solidarietà e vicinanza al Comandante, all’equipaggio di nave della Gregoretti e al personale delle Capitanerie impegnati nonostante tutto a compiere con onore il loro dovere di marinai per la tutela della vita in mare». È domenica mattina quando arriva un messaggio breve e inaspettato. Il mittente è un uomo solitamente taciturno con la stampa: l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 2013 al 2016, quando fra l’altro guidò una delle più grandi operazioni di soccorso in mare mai registrate nella storia dell’umanità: «Mare Nostrum».


Da inossidabile uomo di mare, capace anche di dire dei “signornò” che oggi rivela e rivendica con orgoglio, De Giorgi non smette di navigare. Ha completato da poco la missione su una nave operativa della flotta di Sea Shepherd, l’organizzazione ambientalista nella quale ha comandato 'Ocean Warrior', la nave ammiraglia.


Ammiraglio De Giorgi, perché ha sentito il bisogno di esprimere solidarietà agli uomini e alle donne della Gregoretti, impegnati «nonostante tutto» a svolgere la loro missione?


Confondere il dovere di salvare la vita umana in mare con il diritto di ogni Stato a esercitare il controllo dei flussi migratori ha generato un clima d’intolleranza e di ostilità che rischia d’isolare e svalutare chi in mare compie quotidianamente il proprio dovere per salvare esseri umani in pericolo di morte. Si tratta di due temi diversi che devono essere trattati su piani distinti, anche per arginare l’onda di odio che in troppi si sentono in diritto di riversare senza vergogna sui 'social', arrivando in alcuni casi a ostentare gioia per la morte in mare di donne e bambini, commentando i recenti naufragi avvenuti al largo della Libia.


Papa Francesco domenica ha deplorato l’ennesima strage di migranti. Cosa bisognerebbe fare per prevenire queste tragedie?


Da un lato occorre che si aprano canali legali d’immigrazione direttamente dai Paesi d’origine con procedure d’ingresso in Italia accettabili, sia sotto il profilo della sicurezza che della sa- nità; dall’altro si deve incidere con vigore sulle organizzazioni internazionali che gestiscono il traffico di esseri umani. Occorrerebbe anche facilitare il rientro periodico dei lavoratori stranieri nelle loro terre d’origine per visitare le famiglie e per mantenere i legami con il loro ambiente, come accadeva per i lavoratori italiani emigrati in massa in America e in Nord Europa. Ciò anche al fine di ridurre il flusso dei familiari al seguito di chi migra per motivi economici verso l’Italia. Resta comunque strategica la stabilizzazione della Libia e l’eliminazione dei campi di concentramento dei migranti in mano alle milizie libiche.


In passato la Guardia costiera e la Marina Italiana sono state accusate d’essere 'pull factor', 'fattori di spinta' delle migrazioni. Poi è toccato alle Ong. Intanto, è stato smantellato un sistema di soccorsi integrato di grandissima efficacia.


L’operazione Mare Nostrum è nata a valle di una serie di tragedie in mare nelle nostre acque, senza precedenti e in presenza di arrivi di migliaia di persone direttamente sulle coste italiane senza alcun controllo di sicurezza. Ricordo che nei giorni precedenti all’inizio di Mare Nostrum erano giornalmente in rotta verso l’Italia 20/25 barconi, ciascuno con 300/400 migranti. Mare Nostrum ristabilì le necessarie condizioni di sicurezza in mare sotto tutti i punti di vista, consentendo di arrestare gli scafisti in flagranza di reato e in grandi numeri (quasi 400), grazie anche all’intensa quotidiana interazione fra la Marina e le Procure della Repubblica in Sicilia. Il dispositivo di Mare Nostrum era baricentrato a 70 miglia dalla Libia e si estendeva verso est per interdire l’accesso al traffico clandestino proveniente dall’Egitto e dalla Turchia. L’accusa a Mare Nostrum di essere un fattore incentivante per i trafficanti di esseri umani è del tutto infondata. Non ritengo sia l’efficacia dei soccorsi a incrementare le partenze, che risentono soprattutto della volontà delle milizie che gestiscono il traffico di esseri umani e delle condizioni meteorologiche.


Quali erano gli obiettivi primari di Mare Nostrum e Mare Sicuro? Ritiene che nella disposizione operativa attuale siano tutti ugualmente perseguibili?


Mare Nostrum mirava a interrompere le stragi in mare, a impedire l’accesso diretto alle coste italiane a migliaia di persone senza controllo alcuno e a esercitare un filtro sanitario a garanzia della salute pubblica, per evitare il rischio di contagio di malattie pericolose come Ebola, in quei tempi in fase di risorgenza in Africa Occidentale. Con l’avvento dell’Isis in Libia, gli attacchi terroristici all’Europa, la minaccia di disastri ambientali derivanti da possibili attacchi alle piattaforme petrolifere nel canale di Sicilia e le minacce degli scafisti alle unità della Capitaneria, fu necessario trasformare Mare Nostrum in Mare Sicuro, tuttora operativa per garantire il legittimo uso del mare e la sicurezza delle nostre linee di comunicazione.


È vero che lei ricevette pressioni per depotenziare Mare Sicuro e che rispose «signornó»?


È vero. Mi sono sempre battuto contro chiunque volesse privare i Comandanti in mare dei mezzi necessari ad assolvere in sicurezza la missione assegnata.


Se fosse al comando ancora oggi, direbbe qualche altro «signornó »?


Ora sono solo un vecchio marinaio. Questo compito spetta ad altri che hanno oggi l’onore e la responsabilità di comandare la Marina Militare.


Talvolta si ha l’impressione che ai militari arrivino ordini al limite del lecito. Poiché la responsabilità penale è personale, ritiene che si stiano facendo correre troppi rischi sia a chi coordina i soccorsi che alle unità in mare?


Chi ha il comando deve avere il coraggio di decidere sempre e solo nel rispetto delle leggi dello Stato.

 

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