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I costi del progresso dell'umanità

Fra Giulio Cesareo EPA_FEHIM DEMIR
Pubblicato il 24-04-2022

Ambivalenza dello sviluppo

Una questione su cui papa Francesco torna a più riprese nell’enciclica Laudato si', come abbiamo già visto, è il fatto che tutto è connesso: la vita delle persone e l’ambiente naturale, l’economia e la politica, la cultura e la giustizia, la tecnologia e le relazioni interpersonali, la pace, la lotta alla povertà e la promozione dei diritti umani. In modo particolare vogliamo fermarci a considerare le questioni legate allo sviluppo scientifico, tecnologico e alle profonde trasformazioni ambientali e culturali ad esso connesse, che hanno contraddistinto e continuano a contraddistinguere questo nostro tempo.

Afferma papa Francesco: “Se teniamo conto del fatto che anche l’essere umano è una creatura di questo mondo, che ha diritto a vivere e ad essere felice, e inoltre ha una speciale dignità, non possiamo tralasciare di considerare gli effetti del degrado ambientale, dell’attuale modello di sviluppo e della cultura dello scarto sulla vita delle persone” (LS 43).

In qualche modo qui il Papa ci aiuta a considerare come l’umanità “si stia cucinando da sola” la condizione paradossale in cui viviamo: siamo chiamati e aneliamo con tutto noi stessi alla felicità, eppure spesso siamo proprio noi, come singoli e come comunità, i più grandi ostacoli ai passi che conducono verso questa meta.

Lo sviluppo tecnologico, scientifico ed economico non è infatti innocuo o indifferente: orienta la vita del pianeta e delle persone verso alcuni obiettivi specifici. Inoltre non è autogenerato, quasi come una specie di pianta spontanea che germoglia e cresce da sola. Al contrario il modello di sviluppo contemporaneo esprime un ideale di felicità e di realizzazione umane elaborato “a tavolino”, pianificato, messo in atto e propagato nelle sue modalità e nei suoi obiettivi ed efficacia attraverso il concorso di tante persone, potenti e umili, colte e semplici, di città e di campagna… in poche parole: di tutti noi!

L’umanità cioè ha il desiderio innato di crescere, svilupparsi e sviluppare un mondo migliore: questo anelito è molto positivo ed è certamente un dono prezioso di Dio. Questo anelito allo sviluppo però, anziché essere colto come un impegno a crescere insieme, può essere sentito e vissuto in maniera distorta, come una corsa ad accumulare vantaggi personali e di gruppo. In effetti, la ricerca affannosa del profitto e del potere sulle spalle della creazione e degli uomini e delle donne più indifesi ha perfino “modellato” le nostre città, contraddistinte da traffico congestionato, da aria irrespirabile, da foreste di asfalto, alluminio e cemento, e dai pochi servizi sociali per chi è ai margini: un nuovo ambiente innaturale, dannoso per la salute e soprattutto per il vivere sociale.
E ancora una volta tutto ciò non fa che aumentare le differenze inique e le ingiustizie, che rendono la vita sempre più difficile, soprattutto per chi è povero e privo di sicurezze economiche e professionali.

Per esempio, infatti, in non poche parti del mondo “si sono creati quartieri residenziali ‘ecologici’ solo a disposizione di pochi, dove si fa in modo di evitare che altri entrino a disturbare una tranquillità artificiale. Spesso si trova una città bella e piena di spazi verdi ben curati in alcune aree ‘sicure’, ma non altrettanto in zone meno visibili, dove vivono gli scartati della società” (LS 45).

Questa mentalità che predilige il profitto alla cura, il possesso alle relazioni, come dicevamo, tende a sedurre o a influenzare tutti noi, poveri o ricchi, semplici o dotti, perché crea un immaginario è una mentalità secondo i quali la vita sarà migliore, io sarò più felice, non se insieme avremo fatto dei passi in avanti per il bene di tutti, ma se io (o le persone a me legate) avremo di più, saremo di più, potremo di più…

Per questo non possiamo dimenticare il ruolo e il “contributo”, per certi versi ambivalente, delle nuove tecnologie che, se da un lato permettono come mai prima d’ora la comunicazione tra persone – anche se lontanissime per provenienza, lingua, censo e cultura – dall’altro, però, stanno di fatto contribuendo a favorire dei recinti comunicativi, segnati dalla superficialità e privi della sapienza del confronto, che certo è difficile se non a volte perfino doloroso, quando si pone in atto con chi ha una visione molto diversa dalla nostra. L’autentica comunicazione invece in ottica sapienzale non è semplicemente la condivisione di informazioni, ma un’esperienza di incontro e arricchimento reciproco e, soprattutto, di sviluppo nel senso più nobile e vero del termine. In effetti, “i mezzi attuali permettono che comunichiamo tra noi e che condividiamo conoscenze e affetti.

Tuttavia, a volte anche ci impediscono di prendere contatto diretto con l’angoscia, con il tremore, con la gioia dell’altro e con la complessità della sua esperienza personale. Per questo non dovrebbe stupire il fatto che, insieme all’opprimente offerta di questi prodotti, vada crescendo una profonda e malinconica insoddisfazione nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento” (LS 47).

Ancora una volta, non possiamo non ricordare e tenere in mente che proprio tutto è connesso: per questo, come umanità siamo chiamati a vincere insieme, lavorando per uno sviluppo autentico che è integrale e coinvolge non solo l’economia, ma la qualità della vita nel suo complesso: relazioni, cultura, morale, politica, ambiente… Solo a partire da questa prospettiva la nostra Casa comune sarà davvero una casa, un luogo di relazioni sicure e significative per tutti.

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