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Ghiacciai sentinelle del clima

Fra Riccardo Giacon Riccardo Scotti
Pubblicato il 29-07-2022

Il fotografo Fabiano Ventura ha documentato i cambiamenti

Sentiamo spesso ripetere che il nostro Pianeta non gode di buona salute. Gli eventi estremi, dagli uragani alla siccità, ne sono la prova. Colpiscono l’opinione pubblica le immagini di devastazione che i tornado lasciano dietro di sé. C’è però una crisi climatica che non fa rumore ma non è meno drammatica.
Un team di fotografi e ricercatori, guidato da Fabiano Ventura, ha fatto il giro del mondo è ha documentato la situazione dei principali ghiacciai montani del Pianeta. Sei spedizioni, dal 2009 al 2021, hanno toccato le montagne del Karakorum passando per quelle del Caucaso, dell’Alaska, delle Ande, dell’Himalaya, e concludendo con le Alpi. La tecnica utilizzata è la repeat photography, cioè mettere a confronto una foto storica e una moderna scattata nello stesso luogo, dallo stesso punto di osservazione e nel medesimo periodo dell’anno di quella realizzate dai fotografi esploratori di fine ‘800 e inizi del ‘900.

«Per ogni spedizione c’è stato un grande lavoro di ricerca durato anche più di due anni. Abbiamo consultato oltre 200 archivi fotografici sparsi in tutto il mondo – ci spiega Fabiano. – Abbiamo recuperato le prime fotografie degli esploratori dei ghiacciai. Molte servivano a definire i confini tra gli stati, come quella scattate nel 1850 in Alaska venduta dalla Russia agli Stati Uniti. Altre avevano fini documentaristici o sono servite a disegnare le prime carte topografiche. Oggi quelle foto assumono un valore scientifico». Tutto il materiale raccolto in 12 anni ha permesso di ottenere 314 confronti fotografici e nello stesso tempo ha dato vita al più grande archivio mondiale di confronti fotografici sui principali ghiacciai montani del Pianeta.

Quali sono le conclusioni del progetto?
Grazie all’oggettività del mio lavoro posso confermare che, salvo pochissime eccezioni, i ghiacciai sono in uno stato di sofferenza in tutto il mondo. Del resto, è quello che da moltissimo tempo affermano gli studi dei climatologi e glaciologi. L’aumento di CO2 nell’atmosfera causata dai comportamenti dell’uomo influenza la criosfera e le temperature degli oceani e dei mari. Osservare l’arretramento se non la scomparsa dei ghiacciai in 150 anni ci permette di toccare con mano gli effetti disastrosi del riscaldamento globale. Possiamo considerare i ghiacciai delle vere e proprie delle sentinelle del clima terrestre. Facendo vedere come nel tempo si sono modificati questi grandi ghiacciai, con le mie fotografie confermo le conclusioni delle loro ricerche. Purtroppo il grido di allarme degli scienziati rimane inascoltato.

Che messaggio vorresti arrivasse da questa mostra?
Vorrei far vedere quello che ho osservato con i miei occhi durante le sei esplorazioni, mostrare i danni che l’umanità ha inferto al Pianeta Terra. La mostra Earth’s memory. Ghiacciai testimoni della crisi climatica nell’ambito del progetto “Sulle tracce dei ghiacciai” cerca di coinvolgere i visitatori con il forte impatto comunicativo dei risultati attraverso le immagini e ha lo scopo di risvegliare una maggiore consapevolezza della situazione. Vorrei far comprendere che l’umanità fa parte della natura e non possiamo sfruttare le risorse naturali come se fossero infinite. Siamo più di sette miliardi di persone e dobbiamo distribuire queste risorse tra tutti i popoli in maniera equa, senza sprecarle.

Le soluzioni messe in campo a livello internazionale servono a salvare il Pianeta?
Ormai c’è poco da parlare ma molto da fare: dobbiamo riconvertire le produzioni di energia da fonti rinnovabili abbandonando i combustibili fossili. Non possiamo continuare con l’economia che devasta l’ambiente e mina i fondamenti per l’abitabilità di questo pianeta: occorre impostare un futuro a bassa intensità energetica, a bassa intensità di consumo di materie prime. Insomma vorrei far capire una volta per tutte che non possiamo vivere sani e felici in un mondo malato. Dobbiamo cercare di comprendere che la nostra impronta verso l’ambiente è sempre più forte. Ma salvaguardare il pianeta, come spesso si dice in maniera fuorviante, vuol dire salvaguardare noi stessi, come specie e umanità.

Non è il pianeta che dobbiamo salvare, perché il pianeta si salva da solo. Dobbiamo salvare noi stessi, cambiando i nostri stili di vita. Fino a metà del ‘900 c’era un equilibrio tra natura e uomo. Da quando la popolazione ha cominciato a spostarsi e a vivere nelle grandi città abbiamo perso l’equilibrio con la natura, e forse siamo l’unica specie che sta tagliando il ramo dove vive. E visto che ci vantiamo di essere la forma di vita più evoluta, l’homo sapiens, dovremo renderci conto che se non salvaguardiamo la natura ci stiamo dando la zappa sui piedi da soli.

Quale delle zone visitate ti è rimasta più impressa?
Ho trovato affascinanti la catena del Karakorum con le sue montagne verticali, geologicamente sono le più giovani. Così sono rimasto colpito dall’Alaska con i suoi ghiacciai che arrivano fin dentro l’Oceano. Solo qui lo scioglimento nella regione di Glacier Bay dell’intera calotta dal 1850 ad oggi ha comportato una perdita di volume di ghiaccio che ha fatto innalzare gli oceani dell’intero pianeta di 1 cm!

Durante le diverse spedizioni hai raccolto anche testimonianza di persone?
Il progetto “Sulle tracce dei ghiacciai” unisce le scienze naturali e umane. Abbiamo raccolto moltissime testimonianze di persone che ci hanno raccontato quali sono stati gli effetti dei cambiamenti climatici sulle loro vite. Molti hanno dovuto abbandonare i loro paesi e trovare un nuovo lavoro. Con lo scioglimento dei ghiacciai i flussi dei ruscelli diventavano stagionali e l’approvvigionamento dell’acqua potabile era diventato più complicato. La vegetazione saliva di quota e le persone che avevano degli alpeggi non riuscivano più a fare la paglia per dar da mangiare alle bestie. Ho parlato con dei 94enni in lacrime che hanno dovuto lasciare a 80 anni la casa dove avevano sempre vissuto. Queste persone stanno già pagando il prezzo più alto per l’aumento delle temperature e il progressivo scioglimento dei ghiacci.

Che cosa si dovrebbe fare per invertire le conseguenze del cambiamento climatico?
Secondo me non c’è ancora una grossa percezione da parte dell’opinione pubblica. Viene fatto ancora troppo poco. La mostra ha la finalità di testimoniare una situazione, non di dare soluzioni. Sono convinto che come umanità abbiamo un grande potere, quello di scegliere, cosa mangiare, come viaggiare, dove acquistare, riciclare o meno i materiali. Per esempio sprechiamo tantissima energia illuminando gli uffici di notte, o usando in modo sconsiderato il condizionatore o il riscaldamento. Continuo a dire che la politica ha una importanza prevalente, ma anche come cittadini possiamo fare molto. Dovremmo accorgerci a che cosa stiamo andando incontro con l’accelerazione degli eventi naturali.

I cambiamenti climatici ci sono sempre stati ma sono avvenuti con tempistiche completamente diverse rispetto ad oggi. Oggi ci ritroviamo uragani nel mediterraneo, stiamo attraversando periodi di siccità che nelle nostre zone non sono assolutamente normali. Ma purtroppo sta diventando ordinario negli anni. La cultura e la coscienza si cambiano attraverso un processo di conoscenza di quanto sta accadendo. Questo progetto ha anche questa valenza di far vedere e comprendere che cosa sta accadendo ai nostri ghiacciai.

Che effetto le ha fatto visitare le nostre Alpi?
Negli ultimi 40/50 anni abbiamo perso il 70% delle masse glaciali sulle Alpi. Nei prossimi 20/30 anni spariranno tutti i ghiacciai al di sotto dei 3000/3500 metri. Che cosa comporterà questa perdita in termini di approvvigionamento acqueo e idroelettrico? Per un appassionato come me, oggi vederle in questo stato è un grande dispiacere. Soprattutto perché sono un padre di 2 figlie, di 11 e 13 anni, e mi rendo conto che non potrò più far vedere le Alpi così come io le ho conosciute.

La mostra
La mostra Earth’s Memory. Ghiacciai testimoni delle crisi climatica nell’ambito a Forte di Bard (Valle d'Aosta) fino al 18 novembre 2022 presenta in prima mondiale i risultati dell’intero progetto “Sulle tracce dei ghiacciai” con 90 confronti fotografici esposti al pubblico. La mostra raccoglie un percorso di ricerca durato 13 anni, con 6 spedizioni sui maggiori ghiacciai della Terra. Oltre a mostrare gli effetti dei cambiamenti climatici, vuole essere una testimonianza e un monito per le generazioni future. Completano l’esposizione i video delle spedizioni e le interviste ai vari ricercatori coinvolti, le collezioni di abbigliamento di ieri e oggi, le raccolte di documenti e mappe di valore storico-scientifico.

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