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Gambetti: un cambiamento epocale, per essere liberi e gioiosi

Padre Mauro Gambetti, Custode Ansa/Alessandro Di Marco
Pubblicato il 10-05-2020

Omelia della V domenica di Pasqua

Alla conclusione del brano degli Atti degli Apostoli: E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede, pare che facciano eco le parole di Pietro che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d'angolo e sasso d'inciampo. A quale fede aderiscono questi uomini e queste donne per i quali la pietra scartata dai costruttori non è d’inciampo? A quale fede aderiamo noi? Nella Colletta abbiamo pregato affinché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Penso che la vera libertà e l’eredità eterna siano la cifra della fede per tutti noi, più o meno ‘credenti’ e più o meno ‘non credenti’.

Il vangelo che abbiamo ascoltato è la prosecuzione della narrazione dell’ultima cena dell’evangelista Giovanni. Dopo la lavanda dei piedi e il boccone preso da Giuda che subito uscì, il racconto continua con Gesù che introduce i suoi discepoli al mistero della sua persona e della sua morte-risurrezione, ed aggiunge: Figlioli, ancora per poco sono con voi; […] dove vado io, voi non potete venire. Segue lo sconcerto e la protesta di Pietro, un ‘credente’: Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te! Conosciamo gli sviluppi. Spesso il timore del futuro ci fa vivere un’illusione. Se Gesù se ne va – Lui, il solo che ha parole di vita eterna – cosa ne sarà di noi, che su di Lui abbiamo giocato la nostra libertà, lo abbiamo seguito e non abbiamo altri su cui contare? Immagino i sentimenti di questi uomini e la sensazione che tutti i loro sogni possano andare in frantumi. Il desiderio e la percezione di libertà, di sicurezza, di pienezza di vita… di immortalità sembrano dissolversi come rugiada al sole. Facile reagire istintivamente e irrazionalmente. Qualcosa di simile può accadere anche a noi uomini e donne protagonisti del nuovo millennio e di un cambiamento epocale, che la pandemia sembra voler determinare secondo leggi a noi ostili. Cosa sarà di noi, di questo mondo? Non intravvediamo più i presupposti per una esistenza serena: le relazioni sono rarefatte e il pericolo di contagio resterà chissà per quanto; il lavoro non sappiamo quanto e come riprenderà; se abbiamo qualcosa da parte non siamo certi che basterà e nemmeno che venga conservato integro; chi possiede molti beni non è più tanto sicuro di potersene servire a piacimento; la salute di tutti è maggiormente a rischio; le nostre convinzioni e le nostre proposte religiose potrebbero essere del tutto inadeguate… cosa faremo?

Per questo i discepoli e tutti noi abbiamo bisogno dell’incoraggiamento di Gesù: Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. La questione capitale però è questa: Quale fede? La direzione nella quale cercare la risposta ci è suggerita da Gesù che nel dialogo intimo con i suoi amici continua dicendo: verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via. Suggerisco tre piste di riflessione. Sgombrare il campo dalle illusioni: la vita non è più quella di prima ed è sciocco pensare di riprendere da dove ci siamo fermati; il virus non è come una nube radioattiva e non si trasmette con lo sguardo, ma non è nemmeno eliminabile totalmente a colpi di spugna e di mascherine; è da stolti agire senza senso di responsabilità e tirar dritto per la propria strada, senza farsi toccare da nulla, perché tanto Dio ci ama e Gesù è Risorto; è temerario pensare di affrontare il futuro spavaldamente, contando solo sulle proprie forze e sulle proprie capacità: si finirà col rinnegare Gesù prima che il gallo abbia cantato tre volte. Se non sgombriamo il campo dalle illusioni, la vita si riduce ad una recita su un grande palcoscenico.

Guardare all’esempio dei santi. Li ho chiamati in causa altre volte i tanti ‘credenti’ e ‘non credenti’ che donano tempo ed energie per il servizio agli altri, anche a rischio della loro stessa vita. Vorrei ricordare anche quelli che mettono a disposizione le loro risorse, coloro che si chiedono cosa cambiare e chi umilmente si mette in ricerca: non sa, domanda, si apre all’invisibile. Poi, per tutti, richiamo la luminosa testimonianza di Francesco, che nell’’aneddoto della perfetta letizia fa una professione di fede piena: non sono la scienza, l’onore, il successo e nemmeno la potenza che domina sul male a donare gioia piena al cuore; ma la vera libertà e l’eredità eterna consistono nel vivere la relazione con gli altri con pazienza e senza inquietudine, pur nelle avversità, sperimentando il rifiuto e nella precarietà. Lì è la fede in Dio di cui parla Gesù, perché lì siamo nel luogo in cui Egli dimora. Già, rimanere dove è Gesù. Dove dimora Gesù? Egli stesso ci ammonisce: del luogo dove io vado, conoscete la via. Con Tommaso potremmo replicare: Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via? Certo, Gesù dimora nel seno del Padre, nell’intimità del suo amore, dal quale non si è mai voluto separare, nemmeno quando sulla croce ha sentito l’abbandono che tanto ferisce i cuori di noi peccatori. Ma come poter conoscere tale luogo? Come dimorarvi? Il ‘dove’ è una via, non è un posto. Il ‘dove’ è un movimento, è un cammino tutto proteso alla ricerca del Padre, del Suo amore. Tale ricerca ci colloca nella dimora che Gesù ci ha preparato. Non per nulla siamo pieni di gioia quando riusciamo a vedere Gesù in ogni anelito di vita, in ogni limpido amore, in ogni incontro fraterno, in ogni gesto di espropriazione a favore degli altri, in ogni rinuncia a gratificare e soddisfare il proprio io perché i fratelli vivano… in ogni croce abbracciata. Quando siamo lì, con lui, non c’è turbamento che possa irretire il cuore; non c’è nemmeno ansia che possa oscurare la nostra mente.
Rimaniamo lì, e guardiamo la situazione che viviamo per farla diventare un’occasione di conversione all’amore, un’opportunità per cambiare stile, per diventare veri protagonisti, liberi e gioiosi, del cambiamento epocale che stiamo vivendo.

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