Le visite dei pontefici
Un amore oltre la mondanità, il tempo, contro l’invadenza dell’Io: una tensione al superamento di ogni ostacolo terreno pur di cogliere la tenerezza di Dio. È l’anarchia di Simone Weil
Un amore oltre la mondanità, il tempo, contro l’invadenza dell’Io: una tensione al superamento di ogni ostacolo terreno pur di cogliere la tenerezza di Dio. È l’anarchia che Anna Rita Innocenzi (Simone Weil e Francesco d’Assisi. “Anarchici” o “mistici”?, Roma 2009) scorge custodita in un desiderio reale, quell’anarchia propria degli innamorati, insita nel puro impeto della volontà di divenire un tutt’uno con l’altro. È il misticismo “pratico” che accomuna un santo e una filosofa francese, lontani tra loro sette secoli ma entrambi talmente contemporanei da rivelarsi atemporali. Il primo, il ricco ragazzo di Assisi che sfugge alle false promesse del successo in guerra, lo si ritrova accanto ai reietti dei lebbrosari nel pieno Medioevo, la seconda, che forse i genitori già ritenevano diva del cinema, in fabbrica, accanto agli operai tra le rivendicazioni e le ingiustizie sociali del ‘900. Francesco d’Assisi e Simone Weil, semplicemente, volgevano il loro spirito e il loro corpo oltre, verso l’abbraccio di Cristo che si cela al di là del dolore più infame ed estremo. Lo fecero attraverso l’incarnazione totale della disgrazia, dell’emarginazione. Un’attitudine che i contributi di un convegno tenutosi nel 2011, a Perugia, definirono come nuovo Umanesimo (Per un nuovo Umanesimo. Francesco d’Assisi e Simone Weil, a cura di Massimiliano Marianelli, Roma 2012).
Ma perché quest’autoflagellazione a tutti i costi? Esaltazione dell’ego o mero protagonismo giovanile? No. L’intuizione che li accomuna così tanto era un’altra: il dolore è inevitabile e sovrasta tutto, anche se stesso, rendendo paradossalmente ogni uomo più simile all’altro, e più prossimo alla giustizia e alla verità. Dunque, scegliere il dolore, penetrare nella carne altrui come chiave di lettura dell’essere uomini per gli uomini. È parere di molti che queste esperienze di radicale dedizione al prossimo siano proprie di esseri sovrannaturali, folli. Cioè di eletti, o santi in partenza. Ma in tal caso si cederebbe all’immaginario simbolico, alla fiction. Invece sono solo vite di esseri umani che con intensità e autenticità hanno attraversato ciascuna fase dell’esistenza, la purezza, le tenebre, il piacere, lo sconforto, il desiderio, la morte. Ma con consapevolezza.
All’inizio non era consapevole, l’atea Simone Weil, che rifiutò la Chiesa come istituzione pur anelando di ricevere il battesimo, di essere attratta da quell’amore sacro che Hildegard Von Bingen – mistica del XII secolo – ha decifrato come celeste Patria perduta. Un amore cioè difficilmente appagabile e individuabile sulla terra, ma il cui tendervi ne attutisce almeno l’assenza. Nata e cresciuta in una famiglia ebrea agnostica tra il primo e il secondo conflitto mondiale, agli studi filosofici e alla sua ricerca di pragmatico senso di vita, Simone avrebbe legato indelebilmente il nome di Cristo. E lo stesso valse per il giovane e ingenuo Francesco d’Assisi, figlio di una società commerciale che imponeva esclusivamente un titolo nobiliare o un “posto” in un ordine religioso come varco per la realizzazione del proprio esistere. I due iniziarono di contro ad accogliere dubbi sempre più intensi, scansando rassicuranti convenzioni sociali. La domanda che maggiormente li lacerava, angosciandosi al cospetto di ogni battito di ciglia, era: perché Dio permette che il dolore si abbatta sui deboli, gli innocenti, i puri? La risposta poteva svelarsi nella scelta dell’immedesimazione.
Alla loro intuizione, Francesco e Simone rispondono con lo sperimentare un’azione comunitaria e non isolata. Una condivisione fondata sulla difesa di valori inalienabili come la famiglia, il diritto alla salute, la casa, il lavoro, la libertà. L’uomo, intorno a cui ruota il Creato, è al centro della ricerca del frate e della filosofa; un’esplorazione che rinvia a un’esigenza liberatoria personale, ma pure a una visione generica della condizione umana. Un percorso di riflessione, il loro, un diario a volte disordinato di idee, un tracciato catartico dell’intelletto, rivoli certosini di pensieri: l’unica terapia per l’anima inquieta. Simone scelse la sofferenza operaia nelle fabbriche vicino al collega minatore, dilaniato dalle condizioni inumane indotte dalla rivoluzione industriale, e la guerra tra fratelli, come quella che sconvolse la Spagna tra il 1936 e il 1939. Momenti in cui lo strazio delle membra si eleva minaccioso, imponendosi e dominando con sordi interrogativi. [Prima parte]
Marco Iuffrida
Storico
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