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Cori razzisti, il Milan dice basta e se ne va

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

«Quattro pirla che forse non sono neanche di Busto Arsizio». Il sindaco della città varesina è certo che i ragazzi del paese non possono essere stati a inscenare cori razzisti durante l'amichevole Pro Patria-Milan, interrotta e poi definitivamente sospesa a causa degli insulti ai giocatori di colore del Milan. Alla polizia, che ha identificato dieci ultras, invece la pensano diversamente.

È così che la partita Pro Patria - Milan da festa diventa incubo. Boateng non può toccare palla, stesso trattamento per Niang, Muntari, Emanuelson. Per loro una gragnuola di insulti. Neanche mezz'ora e si torna a casa bruscamente: il Milan abbandona il campo, non ci sta e lancia un segnale forte. I giocatori sono scossi, la maggioranza del pubblico è dalla loro parte, la società bustese, che ha preso le distanze dagli «incivili», anche. Ma la reputazione, per una vecchia gloria del calcio ancora in cerca di un futuro, resterà macchiata a lungo.

Giancarlo Abete esprime sdegno per quel che è successo, «un'indegna gazzarra che offende tutto il calcio». Il presidente della Federcalcio annuncia che sarà attivata la procura federale ed esprime solidarietà ai giocatori colpiti da cori razzisti e al Milan. Le ragioni di una scelta forte, come quella di abbandonare il campo, le ha spiegate a caldo Massimiliano Allegri: «Bisogna smetterla con questi gesti incivili». Per l'allenatore dei rossoneri «andava dato un segnale».

Nei commenti ricorre la parola «vergogna». La usa Roberto Maroni, il segretario della Lega, che da queste parti ha il suo zoccolo duro. Ed è presente in tutti gli interventi dei giocatori del Milan: Boateng soprattutto. «È vergognoso – scrive su Twitter – che ancora accadano cose del genere». Anche Lega Pro considera giusta la scelta del Milan e annuncia il possibile ricorso ad azioni legali contro i responsabili.

Il sindaco Gigi Farioli, a capo di una giunta Lega-Pdl, intanto sposta il mirino da un'altra parte. E spara contro «i professionisti che non hanno saputo fare il loro lavoro, e cioè arbitro e alcuni giocatori», a partire proprio da Kevin Prince Boateng che di fronte agli insulti ha avuto «una reazione impropria», scagliando il pallone contro gli spalti. Lo sforzo del borgomastro a difesa dell'onorabilità dei suoi concittadini rasenta il tragicomico, se non fosse che viene spalleggiato anche dal deputato leghista (e originario di Busto Arsizio) Marco Reguzzoni: «Boateng ha sbagliato», si è comportato «come una mammoletta».

Di sicuro non erano forestieri quei supporter arrestati il 29 ottobre mentre riempivano di botte i tifosi del Legnano, e quegli altri tre che avevano già ricevuto il divieto di accesso alle manifestazioni sportive. Solo due giorni prima il giudice sportivo aveva inflitto alla Pro Patria una multa di cinquemila euro per episodi di razzismo. Chissà, forse i colpevoli non erano neanche conoscenti delle teste rasate che indisturbate organizzano concerti in città tra un saluto romano e una pinta di birra scura.

Una volta c'erano le facce da duri dei "Busto Crew", gli ultras cresciuti seguendo le orme lasciate dagli anfibi neri degli "Skinheads". Il gruppo si sciolse nel 2003, dopo scorribande e andirivieni in Questura. Ma i "tifosi" hanno continuato a presidiare i campi da calcio. «L'esigenza di distinguerci – raccontavano gli hooligans della brughiera – è dovuta da una diversa concezione di vivere la vita da stadio», facendo un vanto del ritrovarsi puntualmente «nelle birrerie locali a trangugiare litrate di birra».

Al momento i sospettati per i cori di ieri sono una decina. Il loro profilo corrisponderebbe a quello degli eredi dei "Busto Crew". «La Polizia scientifica con l'ausilio della Digos e del personale del commissariato di Busto Arsizio – spiegano dalla Questura –, ha proceduto alle riprese dei fatti accaduti». Immagini che non lasciano dubbi.(Avvenire)

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