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Card. Capovilla - L'affidarsi, riflessione alla visita di Giovanni XXIII del 4 ottobre 1962

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Quando papa Giovanni XXIII, ha deciso il viaggio a Loreto, per affidare il pontificato alla Madonna di Loreto, o meglio alla riflessione sul mistero dell’incarnazione che è il principio di tutto il Concilio Vaticano II fui io che dissi: «Santità, ma abbiamo scelto il 4 ottobre, è san Francesco» e lui rispose «mi fermo volentieri a venerare san Francesco » memore del ’53 quando, con tutto l’episcopato triveneto per l’offerta tradizionale delle regioni italiane al sepolcro, aveva fatto un’omelia incomparabile proprio sulla povertà, sull’umiltà e la vocazione dell’Italia.

Quello che più mi è rimasto impresso non è stata solo l’accoglienza, alle porte di Assisi, Santa Maria degli Angeli e nel Colle del Paradiso – a papa Giovanni piaceva tanto ripetere questo nome – ma soprattutto la preghiera che ha fatto. Quelle parole sono rimaste talmente impresse nella memoria degli italiani che quando il 4 ottobre 2008 Giorgio Napolitano, grande amico di Assisi, si incontrò al Quirinale con Benedetto XVI, il Pontefice nel discorso di ringraziamento fatto disse: «Signor Presidente, mi permetta di ripetere in questa sede fastosa le parole del mio predecessore Giovanni pronunciate il 4 ottobre 1962 ad Assisi, sulla dura pietra dove sono le ossa veneratissime di Francesco d’Assisi: “tu, Italia diletta, alle cui sponde è approdata, per disposizione della provvidenza la barca di Pietro e per questo motivo principalmente vengono ai tuoi lidi le genti che tu sai accogliere con sommo rispetto e amore, possa tu compiere la tua missione evangelizzatrice e di strumento di pace per il mondo intero”». Erano commossi quelli che ascoltavano ed era commosso il Papa che pronunciava queste parole. Assisi è la culla, a mio avviso, dove è avvenuto il Concilio dei credenti in Dio con Giovanni Paolo II, con il consenso unanime del mondo intero. Abbiamo vissuto dei momenti straordinari. San Francesco ha avuto una regola che è alla base di tutte le istituzioni cristiane: il Vangelo puro e netto, entrare nel mondo avendo “sulla mano sinistra il Vangelo e con l’altra levata aperta in segno di saluto a tutti”.

Ricordo di un episodio, un incontro in Marocco di Giovanni Paolo II con 20.000 studenti di teologia musulmani. Il Papa disse «Giovani, in passato ci siamo combattuti e abbiamo sbagliato noi e avete sbagliato voi. Il misericordioso non vuole le crociate, vuole l’amore. La strada è stata riaperta e ripercorsa, bagnata di sudore, lacrime e sangue, ma è venuto Francesco che ci richiama a riprendere in mano il libro dei Fioretti. Torniamo alle radici della nostra cultura Italiana. Torniamo alla bontà di Francesco che conosceva i suoi concittadini, sapeva che abbiamo dei grossi difetti anche noi, ma quel grido di Francesco dobbiamo riportarlo in tutto il mondo. In particolare all’inizio di questo grande pontificato. Francesco che grida “voglio portarvi tutti in Paradiso!” non ci sono più avversari o competitori. Siamo tutti fratelli e nel nome anche di Francesco di Assisi, nella sua grande testimonianza immortalata da Giotto, da Tommaso d’Aquino, da Dante Alighieri dobbiamo trovare le strada della piena testimonianza dell’amore di Dio».

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