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Bassetti: è tempo di responsabilità, non si soffia sulla paura

Gian Guido Vecchi Arcidiocesi di Perugia
Pubblicato il 06-04-2020

La prima cosa è la salute dei fedeli

«È tempo di responsabilità e si vedrà chi ne è capace». È iniziata la Settimana Santa e nelle chiese non ci saranno fedeli. Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, risponde sereno, con buona pace delle pressioni per una «riapertura» a Pasqua nonostante la pandemia.

Eminenza, come vive questo periodo?
«È la prima volta che la Settimana Santa viene celebrata in questo modo, senza concorso di fedeli nelle chiese e con grande sofferenza per tutti. Tutto ciò non significa rinunciare a vivere appieno questi giorni, attingendo alle risorse interiori che dovremmo aver fondate dentro di noi. Dov' è la nostra fede? Nella Parola o in un luogo? Tutti noi oggi viviamo nella condizione degli infermi che non possono partecipare alle celebrazioni: ci è data la grazia di comprendere quanto sia dolorosa la limitazione e, allo stesso tempo, quanto sia ricco il nostro spirito quando sa farci riconoscere comunità anche nella distanza fisica. Torneremo a celebrare tutti insieme, ancora più gioiosi, perché ci saremo ritrovati dopo questa prova».

Che cosa direbbe ai fedeli che chiedono di poter partecipare alle Messe di Pasqua?
«L' impossibilità di poter partecipare alle Messe di Pasqua quest' anno è un atto di generosità. È un nostro dovere il rispetto verso quanti, nell' emergenza, sono in prima linea e, con grande rischio per la loro sicurezza, curano gli ammalati e non fanno mancare tutto ciò che è di prima necessità. È una richiesta che c' impegna moralmente. Quanto stiamo vivendo, tra tanta sofferenza, domanda ancora di più di declinare insieme riti e vita. Mai la celebrazione deve essere pensata separata dalla vita. La prima illumina e sostiene l' altra».

E ai politici che rilanciano questi appelli? Può essere, questo, un motivo di polemica politica?
«Non è tempo di polemiche, ma di perseveranza nella prova, di lungimiranza nella ricerca del bene comune. Insomma, è tempo di responsabilità e si vedrà chi ne è capace. La Chiesa italiana ha scelto questa strada: abbiamo a cuore prima di tutto la salute dei fedeli, perché l' anima è sì immortale, ma abita un corpo fragile. Cerchiamo di essere a fianco di chi soffre; nessuno deve essere lasciato solo, perché, come ricorda Papa Francesco, nessuno si salva da solo».

La decisione della Cei di rispettare le disposizioni sanitarie delle autorità civili è stata vista da qualcuno come una rinuncia della Chiesa alla propria autonomia...
«La Chiesa non rinuncia ad alcuna autonomia, ma si fa carico della sofferenza e della difficoltà vissuta da tutto il Paese. Più che soffiare sulla paura, più che attardarci sui distinguo, più che puntare i riflettori sulle limitazioni e sui divieti, la Chiesa sente una responsabilità enorme di prossimità al Paese. La domanda forse dovrebbe essere un' altra: ci sentiamo ancora parte di una comunità che, nelle ristrettezze, vive nella comunione, oppure stiamo ossessivamente rivendicando un' altra idea di Chiesa?».

Che cosa ha pensato vedendo Papa Francesco pregare da solo a San Pietro, sotto la pioggia, davanti alla piazza vuota?
«L'immagine del Papa a San Pietro non ci abbandonerà più. La testimonianza fisica della resistenza e della forza di volontà del Pontefice, che sembrava portare su di sé tutto il dolore del mondo... (Corriere della Sera)

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