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Bartali, il campione eroe dal cuore francescano

La Gazzetta dello Sport La Gazzetta della Sport
Pubblicato il 05-05-2020

18 luglio 1914 - 5 maggio 2000 a vent'anni dalla morte dell'indimenticato campione

L'ultima salita, per il re della montagna nella storia del Giro d’Italia, è stata verso il cimitero sulla collina di Ponte a Ema, vestito con il mantello di lana color avorio del Terzo Ordine dei Carmelitani Scalzi. Con la croce ricamata d’oro in campo bianco, la purezza. Perché Gino Bartali era campione della fede, devoto alla Madonna di Loreto, di Pompei, di Lourdes: «L’ultimo vestito è senza tasche», diceva.

Appena fuori dalla stanza da letto, aveva una cappellina privata, due metri per due. Sull’altare una statua di Santa Teresa di Lisieux: Gino l’aveva voluta per ricordare il fratello minore Giulio, morto a 19 anni in corsa nel 1916. La cappellina ora è ad Assisi, al Museo della Memoria. Trasportata qui durante il Giro d’Italia 2018, quello partito da Gerusalemme proprio nel nome di Bartali, Giusto delle Nazioni, elettonelloYadVashem,il Museo dell’Olocausto.

Come Perlasca
E davanti a quella cappellina, oggi alle 17 ad Assisi, il vescovo Domenico Sorrentino celebra in streaming una messa per il ventennale della morte di questo straordinario uomo italiano. Gino Bartali come Giorgio Perlasca, salvatore di centinaia di ebrei. In queste stanze dell’attuale Museo della Memoria, tra il 1943 e 1944, l’allora vescovo Nicolini creò un’incredibile rete di aiuto e solidarietà che diede la salvezza a 300 ebrei solo nella città di San Francescoe si realizzò grazie alle pedalate di Bartali.

Si lavorava in silenzio, di notte, con il supporto dei tipografi Luigi e Trento Brizi, di suor Giuseppina e suor Ermella nei Conventi di clausura. In totale Bartali salvò 800 ebrei.

Quell’abbraccio
Coppi e Bartali se ne sono andati a distanza di quarant’anni. Era un gelido 2 gennaio 1960, quando l’Italia contadina in marcia verso il boom degli Anni 60 si ritrova attonita, colpita al cuore, per la morte di Fausto Coppi a soli 40 anni. Gino Bartali abbraccia mamma Angiolina davanti al corpo del Campionissimo, in cinquantamila risalgono il Colle di San Biagio a Castellania.

Fa caldo, invece, l’8 maggio 2000, giorno dei funerali di Ginettaccio: è l’anno del Giubileo, Anno Santo, con papa Woityla che accoglie il Giro d’Italia in Vaticano. Stanze in cui Bartali era di casa con Pio XII. Tempi lontani. Eppure mai come nell’ultimo periodo Coppi e Bartali ci sono sembrati vicini, e non soltanto immagini indelebili della storia d’Italia. I cento anni dalla nascita di Fausto (2019), e quel nome che risuona ancora tra film, tv e canzoni. I sessant’anni dalla morte del Campionissimo (2020) e il progetto di dare nuova vita a Castellania. E poi Ginettaccio, compagno di banco dei giovani. Bartali in missione segreta da Firenze ad Assisi con i documenti nascosti nel telaio della bici, Gino che salutava fascisti e tedeschi ai posti di blocco, «non posso fermarmi, devo allenarmi», a rischio della fucilazione. «Non aspettarmi che faccio tardi», diceva alla moglie Adriana.

Una quarantina di missioni, da Firenze ad Assisi, 360 km su strade bianche. E’ la straordinaria contemporaneità di Gino Bartali, che l’anno scorso diventa anche uno dei temi di italiano alla maturità. Tipologia C2,tra sport e storia. «Il suo nome non sta più scritto soltantonegli albi d’oro del Giro e del Tour, ma viene inciso direttamente nella pietra viva della storia», da un articolo del collega Cristiano Gatti citato dal Ministero.

Il ciclista-eroe che rischia la vita per salvare l’altro, il più debole, l’oppresso. «Il bene si fa e basta», diceva Gino. Come se fosse impegnato in prima linea oggi nell’assistenza agli ultimi, ai dimenticati.

Altruismo
Racconta la nipote Gioia Bartali, figlia di Andrea: «La storia di questo toscano con la bici piace moltissimo. Nonno era particolarmente affezionato ai ragazzi: io sono sempre in giro nelle scuole per raccontare la sua testimonianza e quelle pedalate con i documenti nascosti lo avvicinano moltissimo agli eroi. Bartali diventa il loro supereroe, il loro Superman.

Un giorno, a Roma, i ragazzi si presentarono con una maglietta bianca che aveva la scritta “Gino, sei il mio eroe”». Nel 2013 Bartali diventa Giusto tra le Nazioni, nel suo nome nasce la prima formazione pro’ israeliana grazie a Sylvain Adams e a Ron Margaliot, i corridori sono nominati «ambasciatori di Bartali nel mondo».

Così come nasce, per Gino, una pista ciclabile di una cinquantina di chilometri, a sud di Gerusalemme. «La sua vita è sinonimo di lotta all’antisemitismo, tolleranza, integrazione: i ragazzi si possono educare con la storia del nonno», continua Gioia Bartali. Ci sono scuole, a Terontola e Reggio Emilia, a lui intitolate. Pedalate della memoria, come la “Bartali 180” da Firenze ad Assisi, con i sopravvissuti dell’Olocausto. «Mi hanno chiamato in Argentina e negli Stati Uniti, Gino è un simbolo forte dell’Italia. E pensi che ci sono cinque lavori teatrali che attualmente lo ricordano». Sì, Gino Bartali continua a pedalare. Per il bene dell’uomo

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