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A Economy of Francesco la rete delle giovani donne che vuole cambiare l'Italia 

Redazione Pixabay
Pubblicato il 03-03-2020

Martina Rogato è tra gli innovatori scelti da Papa Francesco per una nuova economia

Anna Bogoni, QN

L’anno scorso Start up Italia l’ha nominata tra le mille donne che stanno cambiando l’Italia; quest’anno è tra gli innovatori scelti da Papa Francesco per ridisegnare una nuova economia sostenibile durante il summit che si terrà ad Assisi il 21 novembre (l’evento previsto a marzo è stato appena ricalendarizzato).
Lei è Martina Rogato, 35 anni, calabrese di nascita, poi a Roma per studiare relazioni internazionali, una lunga militanza come attivista in Amnesty International e oggi presidente e co-fondatrice di Young Women Network, un’associazione non profit che ha fondato con altre 4 ragazze nel 2012, dedicata alle donne tra i 25 e i 35 anni.

In cosa consiste questo network?
«Abbiamo 400 associate tra Roma e Milano a cui proponiamo tra le altre attività, quella del mentoring: affianchiamo figure apicali, uomini o donne non fa la differenza, che diventano le persone di riferimento all’interno di un percorso professionale. Quest’anno abbiamo esteso l’opportunità anche a 10 uomini con meno di 35 anni: ci piaceva pensare che potessero avere come modello di carriera una figura femminile».
Cosa altro proponete alle vostre associate?
«Organizziamo incontri di formazione sulla abilità cosiddette soft, come parlare in pubblico o la negoziazione, in più creiamo una preziosa rete tra loro, sui social. Come associazione, cerchiamo inoltre di sensibilizzare le istituzioni sui temi della parità di genere».
Lei guida la delegazione italiana di Women 20, che dà indicazioni al G20 sui temi della parità di genere: a che punto siamo in Italia?
«Sicuramente c’è più consapevolezza da parte delle donne e degli uomini sui temi della parità di genere ma siamo ben lontani dall’averla raggiunta. Non sempre ci indigniamo nel modo dovuto rispetto a comportamenti sessisti; tutti, invece, dovremmo essere femministi, perché il femminismo significa parità di genere ed è una conquista per l’umanità».
Una curiosità, ma nella vita di tutti i giorni, qual è il suo lavoro?
«Vivo a Milano e sono consulente nelle aziende sui temi della sostenibilità: aiuto le organizzazioni a seguire profitti senza creare danni all’ambiente ma anche ai diritti umani. Poi insegno anche nei master dedicati al lusso e alla moda sempre sui temi della sostenibilità, a partire dallo spreco. A questi impegni affianco il mio volontariato a favore delle giovani donne con Young Women Network».
Se avesse una bacchetta magica, quale sarebbe la sua prima iniziativa?
«Innanzitutto renderei l’intero congedo di maternità obbligatorio anche per i padri, anche nell’ottica di una valorizzazione del maschile nelle nostre famiglie. In Italia, su questo tema oggi abbiamo solo la legge Golfo Mosca, quella che prevede le quote rosa nei cda delle aziende, ma ovviamente riguarda solo una minoranza, cioè le posizioni apicali».
L’organizzazione del lavoro in Italia è ancora pensata al maschile?
«Assolutamente sì. Sono convinta che bisognerebbe cambiare il modus operandi delle aziende, che dovrebbero sostituire l’obbligo della presenza fisica delle persone sul posto di lavoro con la loro performance, cioè con il raggiungimento degli obiettivi fissati per ciascuno. Questo darebbe molta più libertà alle persone di essere ciò che si vuole nella vita e le rimetterebbe in gioco, a parità con gli uomini».
Ha senso, allora, festeggiare ancora l’8 marzo? «Sì, ce n’è ancora molto bisogno, così come della giornata mondiale del 25 novembre, dedicata alla violenza sulle donne. È triste che sia così, ma sono ancora utilissime per fare un punto e aiutarci a riflettere»

di Anna Bogoni, QN

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