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San Francesco e sorella Luna

Felice Accrocca
Pubblicato il 30-11--0001

La luna splenderà, stanotte, più grande e luminosa, per uno di quegli straordinari prodigi della natura che costituiscono una testimonianza perenne della grandezza di Dio. Una volta soltanto, nei suoi scritti, Francesco la menziona, ma quell’invito alla lode, che lui rivolse alla luna, alle stelle e a ogni altra creatura perché lodassero il Signore, non è caduto nell’oblio, rimasto scolpito com’è nel cuore di milioni e milioni di uomini. Luna e stelle, nell’ispirata poesia di Francesco, debbono lodare il Signore perché Egli in cielo le ha formate «clarite e preziose e belle». La lode, il rendimento di grazie, vuol essere – nella sua comprensione del mistero divino – una restituzione per i benefici ricevuti da Dio. Una disposizione che le creature inanimate mantengono inalterata e l’uomo, invece, l’unica creatura razionale, dimentica spesso, tanto più – ironia tragica – quanto più viene beneficato.

La luna compare ancora nella vita di Francesco, ed è grazie a lei – complice muta e solidale con il nostro desiderio di sapere – se siamo venuti a conoscenza di uno dei momenti difficili della vita dell’uomo di Dio, che lascia trapelare anche la sua straordinaria grandezza. Anche lui, infatti, dovette fare i conti con le proprie debolezze, lottando spesso contro gli istinti naturali più bassi. Una volta, mentre si trovava nell’eremo di Sarteano, fu tentato nella carne; allora si spogliò e si flagellò aspramente con un pezzo di corda, gridando al suo corpo: «Orsù, frate asino, così tu devi sottostare, così subire il flagello». Ma poiché vedeva che non cavava un ragno dal buco e la tentazione non se ne andava, nonostante fosse ormai pieno di lividi, «aprì la celletta
e, uscito nell’orto, si immerse nudo nella neve alta. Prendendo poi la neve a piene mani la stringe e ne fa sette mucchi a forma di manichini, si colloca poi dinanzi ad essi e comincia a parlare così al corpo: “Ecco, questa più grande è tua moglie; questi quattro, due sono i figli e due le tue figlie; gli altri due sono il servo e la domestica, necessari al servizio. Fa’ presto, occorre vestirli tutti, perché muoiono dal freddo. Se poi questa molteplice preoccupazione ti è di peso, servi con diligenza unicamente al Signore”. All’istante il diavolo confuso si allontanò, ed il Santo ritornò nella sua cella, glorificando Dio».

Uomo fino in fondo, dunque, e con i piedi a terra. A persone immature, infatti, desiderose di vivere un’eterna fanciullezza libere dalle responsabilità e dagli impegni, la tentazione appare sempre e solo sotto il suo lato più bello e seducente, privo di rischi: una zona franca in cui tutto è permesso, senza alcuna conseguenza. Solamente quando si smette di fantasticare e ci si decide a crescere superando ogni sindrome di Peter Pan, come ha fatto Francesco, ci si rende conto che c’è una fatica del vivere, dalla quale non ci si può esimere: ogni situazione, anche quella in apparenza facile, ha le sue difficoltà e i suoi rischi, che non possiamo e non dobbiamo nasconderci. Questo ci aiuterà ad affrontare le difficoltà e a vivere bene la condizione alla quale Dio ci ha chiamati. Tuttavia, noi non sapremmo nulla di questo fatto, se non fosse intervenuta una formidabile alleata. A trasmettercene memoria è stato infatti Tommaso da Celano nel suo Memoriale (che noi – impropriamente – siamo soliti denominare Vita seconda : FF 703). Ma neppure lui avrebbe saputo nulla senza «sora luna». Narra infatti l’agiografo: «Un frate di spirito, che allora attendeva alla preghiera, osservò tutto, perché splendeva la luna in cielo. Ma, quando più tardi il Santo si accorse che un frate l’aveva visto nella notte, molto spiaciuto, gli ordinò di non svelare l’accaduto a nessuno, fino a che fosse in vita».

Compare ancora, sorella luna, nel momento del trapasso. Dice ancora Tommaso, in quella stessa opera, che al momento del trapasso di Francesco, «un frate suo discepolo, assai rinomato [da altre fonti veniamo a sapere che si tratta di Giacomo d’Assisi], vide l’anima del padre santissimo salire direttamente al cielo. Era come una stella, ma con la grandezza della luna e lo splendore del sole, e sorvolava la distesa delle acque trasportata in alto da una nuvoletta candida». Una stella dunque, con la grandezza della luna e lo splendore del sole: tale è l’anima di Francesco.

Splenderà stasera la luna in cielo, una luna di straordinaria grandezza. Ma l’anima di Francesco, le anime di tutti i santi, di tutti gli uomini e le donne davvero amanti di Dio splendono ancor più. (Don Felice Accrocca)

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