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Il sacerdote secondo Caterina da Siena

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Voce chiara e potente, quella di Caterina da Siena, che per volontà di Dio risuona nella Chiesa e non finisce di stupire. In questo anno dedicato dal Santo Padre alla santificazione dei sacerdoti, che camminando per la via del Verbo, tolgono la morte e rendono la vita al mondo (cfr. Orazioni, XII, 167) sembra veramente provvidenziale riflettere sul sacerdozio ministeriale negli scritti di santa Caterina, pensando soprattutto al capitolo cxix del Dialogo. I sacerdoti necessitavano di una profonda e impegnativa riforma.

E' un'analisi veritiera, sostenuta da un grande amore per la gerarchia, per riscoprire la dignità del sacerdozio, anche dinanzi alle tentazioni del maligno e a situazioni di peccato. Ella - nella sua vita come nella dottrina - non ha pensato che al Cristo, alla Chiesa e al Papa, ai sacerdoti, facendo di questo impegno il motivo centrale della sua esistenza. Offrì, infatti, se stessa per la conversione dei ministri della Chiesa, sperimentando un calvario luminoso, un Getsemani di obbedienza alla verità, un calice di passione di cui inebriarsi. Nel romanzo storico su santa Caterina da Siena, l'autore Louis de Wohl, afferma che la santa, tormentata dal dolore, ogni giorno si trascinava a San Pietro per pregare, magra e sottile come un ostia bianca da trasformare nel corpo del Signore. Soleva inginocchiarsi davanti al mosaico di Giotto raffigurante la barca di Pietro, scossa dalla tempesta, con gli apostoli accovacciati per la paura e Cristo che camminava sulle onde verso di loro.


Il "desiderio" è certamente centrale nel Dialogo, nelle Lettere e nelle Orazioni. E se il desiderio orienta la vita delle creature nella verità della propria condizione, quanto più i sacerdoti, che vivono in Dio, sono i "cristi" del Padre (Orazioni xii, 179), colgono la realtà nella luce in cui Egli la vede, "hanno desiderio infinito, cioè sono uniti per affetto d'amore in me" (Dialogo, iii, 25) e devono essere come angeli, generosi, non avari e mai vendere la grazia dello Spirito per ambizione e brama di guadagno (cfr. Dialogo, cxiv, 405). Se il clero è abitato dal fuoco del desiderio di Dio, la presenza nella storia diventa feconda della fecondità stessa di Dio. Nel "Traeste me da te" (Orazioni, i, 69) respira l'identità del sacerdozio ministeriale. Una assimilazione nell'essere che è conformità, perchè Dio assimila le creature che non resistono alla sua attrazione, si manifesta nella storia come misericordia, le predilige e le rende feconde della vita nella quale sono vivificate. Il sacerdote, "un altro te per amore" (Orazioni, xxi, 75), desidera ciò che Dio desidera, condividendo la sua volontà. E' il ministrare, servire il disegno di Dio, che vuole che tutti giungano alla conoscenza della verità, manifesta nella Croce di Cristo. Perciò essi devono essere rispettati non per le loro qualità personali ma per la reverenza al Sangue di cui sono ministri, perchè il Sangue redentore ha lo stesso valore sia che venga amministrato da un sacerdote santo che da un cattivo ministro. I sacerdoti hanno una dignità che supera quella dei puri spiriti: "Allo stesso modo in cui essi esigono la limpidezza del calice in cui vanno a celebrare il sacrificio, così io esigo in loro purezza dei cuori, dell'anima e della mente. Voglio che il loro corpo, in quanto strumento dell'anima, conservi una perfetta purità" (Dialogo, cxiii, 385).


Comprendiamo, così, l'attualità dell'ansia santificatrice di Caterina, desiderosa di condividere l'accostamento al Mistero per arricchire di bene il cuore dell'uomo per cui "dire tu" è "intendere Te". E, così, nel Sangue di Cristo crocifisso, Caterina balbetta l'abbraccio di Cristo che stringe a sè la Chiesa e i sacri ministri e li aiuta ad accostare quel pati divina, che fa crescere il senso dell'Eterno.
(fonte Osservatore Romano)

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