Greccio: storia di una “invenzione”

Felice Accrocca
Pubblicato il 02-12-2021

Formazione Francescana: San Francesco visto da lui

Greccio, Natale del 1223: Francesco predispose tutto l'occorrente per celebrare in modo degno l'eucaristia in quel giorno solenne; con l'aiuto di un nobile del luogo, un certo Giovanni, fece porre della paglia in una mangiatoia e si procurò perfi no un bue e un asino, perchè fosse visibile a tutti, “con gli occhi del corpo”, in qual modo il fanciullo Gesù era nato a Betlemme, privo di tutto ciò che è necessario a un infante. Il popolo accorse in massa, portando ceri e fi accole; dopo che ebbero meditato la grandezza del mistero, grazie anche alla scena che era stata allestita, sulla mangiatoia venne approntato l'altare e fu celebrata l'eucaristia.
Francesco, diacono, intonò il Vangelo e predicò al popolo, con molto trasporto, sul Re nato povero e su Betlemme, città piccolina. Tutti, infi ne, tornarono alle loro case, pieni di gioia. Questo, nella sostanza, il racconto del primo biografo. Francesco, dunque, non pensò di inscenare un presepe come l'intendiamo oggi: non c'era il Bambino nella mangiatoia, e non c'erano adulti ad interpretare i ruoli di Maria e di Giuseppe, ma su quella stessa mangiatoia fu celebrato il sacrificio eucaristico.


Egli volle invece ricreare le condizioni per favorire un incontro reale con il mistero dell'incarnazione del Signore. Per lui, infatti, l'eucaristia e l'incarnazione rinviavano alla stessa scelta di fondo, quella di un Dio che si è umiliato per la salvezza dell'uomo. “Ecco - proclama nell'Ammonizione I -, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull'altare nelle mani del sacerdote”.


L'eucaristia perpetua la presenza di Cristo nella storia ed esige, al tempo stesso, che - come Cristo - sappiamo espropriarci di tutto: “Tutta l'umanità trepidi, l'universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull'altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l'umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perchè siate da lui esaltati.


Nulla di voi trattenete per voi, affinchè tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre”. In quel Natale, Francesco volle dunque riproporre l'esempio di Cristo povero, perchè tutti potessero seguirne le orme. Noi, invece, abbiamo fi nito per credere che in quel Natale egli abbia inventato il presepe: un mito capace di poesia, certo, ma che depotenzia della sua forza una rifl essione altissima, proposta concreta di una sequela esigente e rigorosa. Torniamo a meditarla, in questo Natale, e traiamone le doverose conseguenze per la nostra vita!

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