Le visite dei pontefici
Camminavo su una delle strette strade di Assisi. Era notte.
Andavo a celebrare la Veglia Pasquale in un monastero di
clausura. Una coppia di italoamericani ormai di una certa età
mi fermò e mi chiese: «Padre, ma che succede? Perché tanta gente
lungo le strade a quest'ora? State celebrando qualcosa?». Era la
notte di Pasqua. Loro non lo sapevano ma si interrogavano
e cercavano una risposta. Anche coloro che semplicemente
andavano alla Veglia Pasquale, senza saperlo, rendevano testimonianza
a Gesù risorto. Provocavano interrogativi. E gli
interrogativi maturano la ricerca, aprono porte, creano cammini
e vie di salvezza.
Nella prima notte di Pesach (detta anche Pasqua ebraica) ancora
oggi è il più piccolo a chiedere al più anziano della casa di
raccontare che cosa succede con una semplice domanda: “cosa
distingue questa sera da tutte le altre sere?”. E nella stessa notte è
risuonata in tutte le Chiese cristiane del mondo un'altra domanda
contenuta nel Vangelo di Luca: “Perché cercate tra i morti
colui che è vivo?”. I due pellegrini italoamericani hanno sentito
sicuramente anche la risposta del Vangelo: “Non è qui. È risorto”.
Sì, perché prima di lasciarci si dissero l'un l'altro: «È vero,
è Pasqua e ci siamo dimenticati. Perché non andare allora in chiesa.
Noi Cristo risorto lo abbiamo trascurato per tanto tempo.».
Ma c'è chi si dimentica e chi si preoccupa. Quest'anno i Cattolici
e gli Ortodossi hanno celebrato la Pasqua nello stesso
giorno, il 4 aprile. Questa coincidenza è diventata motivo di
grande gioia per molti Cristiani ma anche di grandi interrogativi
e sofferenze. Nel giorno di Pasqua una signora ortodossa
mi domandò: «Che bello vivere la festa della Pasqua insieme; perché
non possiamo celebrarla sempre nella stessa data?».
A fare la differenza sono i calendari. L'esistenza di due calendari
spiega come mai la Santa Pasqua del Signore venga spesso
celebrata dalle due Chiese in date diverse. La Chiesa cattolica
e in generale i Cristiani dell'Occidente seguono il calendario
gregoriano, riformato da Papa Gregorio XIII nel 1582, mentre
le Chiese orientali seguono l'antico calendario chiamato
giuliano, perché stabilito da Giulio Cesare nell'anno 46 a.C.
Uno dei tropari della divina liturgia che segue dopo la grande
Veglia Pasquale recita così: “È il giorno della risurrezione! Irradiamo
gioia per questa festa, abbracciamoci gli uni gli altri, chiamiamo
fratelli anche coloro che ci odiano, perdoniamo tutto per la Risurrezione,
ed esclamiamo così: Cristo è risorto dai morti, con la sua morte ha
calpestato la morte e ai morti nei sepolcri ha donato la vita!”.
Anche l'anno prossimo le date coincideranno e allora nuovamente
diremo: “Irradiamo gioia per questa festa, abbracciamoci
gli uni gli altri” e chi sa se, dopo queste esperienze di unità,
non aumenterà ancor di più il desidero di celebrare la Pasqua
sempre insieme? Ecco un'altra domanda – ma è giusto così
– perché ognuno di noi cerca delle risposte.
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