approfondimenti

L'autoritratto di Cesare Sermei (1581-1668)

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Il 17 settembre 2009, al termine di un accuratissimo restauro, patrocinato dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, si alzava fi nalmente il sipario sul Giudizio Universale (1623) dipinto da Cesare Sermei, nella calotta absidale della Basilica inferiore di San Francesco in Assisi. Il restauro, eseguito dall'equipe dal prof. Sergio Fusetti, ha restituito all'affresco, fi n troppo trascurato dalla critica artistica, non solo l'originale gamma cromatica pesantemente compromessa dal nero fumo depositatosi nel corso dei secoli, ma ha riportato a galla tutta la zona inferiore, che si pensava del tutto perduta, ed era invece semplicemente sommersa.
A restauro ultimato, nel Museo-tesoro della Basilica assisiate, è stata allestita a cura di fra Carlo Bottero, Elvio Lunghi, Paola Mercurelli e Paola Monacchia, una piccola ma fornitissima esposizione documentaria, tratta dall'Archivio di Stato di Perugia (sezione di Assisi), e dall'Archivio storico del Sacro Convento di San Francesco, relativa alla committenza dell'opera e alle sue varie fasi esecutive. Alla mostra documentaria è stata addizionata anche una bella antologia di disegni preparatori tratta dalla ricca e ancora poco conosciuta raccolta di disegni conservati nella Biblioteca comunale di Assisi.
Detto questo, è tempo ormai di puntare la nostra “Manicula” sull'autoritratto del Sermei, fi n troppo facile da estrapolare dalla congerie dei personaggi che compongono da una parte la colonna saliente dei “salvati” e dall'altra la colonna discendente dei “dannati”. In basso a sinistra, dalla parte degli eletti, che salgono dal purgatorio alla gloria dei cieli, si nota infatti un personaggio pensoso e solitario, in veste di cordigero francescano, che non partecipa affatto dell'una colonna o dell'altra. Se ne sta lì, più come un astante che come un attore protagonista nella scena. Se ne sta lì, proprio sul bordo del baratro, a guardare il fondo dell'abisso, al suono dell'ultima tromba: “Tuba mirum spargens sonum per sepulcra regionum” (La tromba spande il suo mirabile richiamo nella regione dei morti).

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