La Santa speranza
Quest’anno sarà difficile dimenticare l’omelia di Papa Francesco, che in occasione della settimana pasquale ha invitato tutti i fedeli a pregare affinché il Signore doni agli uomini la grazia della Santa Speranza. Ma cos’è la speranza? Forse quel sentimento di fiduciosa attesa in qualcosa che si può realizzare in futuro secondo i nostri desideri, oppure la realizzazione di un evento che sopraggiunge in modo inaspettato, proprio quando meno ce lo si aspetta. In epoca antica la speranza era spesso personificata in una divinità che, eretta in piedi, stringe nella mano destra un fiore mentre con la mano sinistra solleva la lunga veste ricadente in sinuosi drappeggi. Comunque la s’intenda, è evidente che, dinnanzi agli ultimi conflitti riaccesesi in territori che hanno fatto da culla alle civiltà più antiche, la speranza rappresenta l’unica àncora di salvezza per un mondo che sembra aver perduto ogni segno di umanità. Addirittura le foto, che per la loro efficacia comunicativa esprimono molto più di quanto non facciano già le parole si fanno mute dinnanzi a un dolore che assume forme inconsuete; di un dolore che mai vorremmo fosse vissuto da creature innocenti, che per una qualche beffa del destino sono nate in una terra dove rimbomba di giorno e di notte il rumore delle armi. In questo senso avrà fatto il giro del mondo, in mezzo a migliaia di foto che appaiono quotidianamente sia sui social sia sui giornali, l’immagine di una bambina nell’atto in cui s’appresta a chiudere gli occhi alla piccola bambola di plastica che tiene stretta tra le sue braccia – come a volerla proteggere dalle atrocità che si stanno consumando attorno a lei, quasi a volerle distogliere lo sguardo dalle terribili scene di guerriglia che si stanno susseguendo a pochi metri di distanza. Allo stesso modo non sarà passata inosservata l’immagine di un padre che nella tasca esteriore di una valigia di color rosso porpora trasporta lontano dalla guerra il suo bene più prezioso, suo figlio, sfidando la sorte, mettendo a tacere la paura, poiché il suo desiderio di sopravvivere resistendo a quell’inferno va oltre la morte stessa. Alla sensazione di disperazione che caratterizza queste immagini s’accompagnano tuttavia quei sentimenti d’amore e di tenerezza immortalati nei gesti dei volontari, di chi quotidianamente mette in pericolo la propria vita pur di salvare le vite di migliaia di uomini, donne e bambini. Allora ecco che in questa tragica e triste pagina di vita reale, s’accende ancora una volta la speranza di poter mettere fine alle numerose sofferenze di cui sono vittime soprattutto i bambini. Allora ecco riaccendersi il desiderio di poter sostituire a quelle immagini crude eppure così reali immagini di bambini che rientrano a casa a riabbracciare le proprie madri, di bambini che fanno rientro a scuola insieme ai loro compagni, di bambini che ritornano a guardare il sole, la luna e le stelle. Di bambini che ricominciano ad essere semplicemente dei bambini. In fondo per ogni fine c’è sempre un nuovo inizio. Che l’augurio francescano di pace e bene arrivi diritto a quei luoghi, ché la pace non si costruisce con la guerra. Ma con la pace.