Le visite dei pontefici
di Chiara Frugoni
“Viveva ad Assisi, nella valle spoletana, un
uomo di nome Francesco”: così comincia a
narrare Tommaso da Celano, il primo
biografo del Santo. Quel che a noi sembrerebbe
un inizio da “c'era una volta”
voleva essere invece una dotta allusione;
Tommaso era un frate molto colto e
infatti non si lasciò sfuggire un bell'inizio,
copiando dalla Bibbia l'attacco del
libro di Giobbe: “Viveva nella terra di Uz
un uomo di nome Giobbe”.
Il nostro
b i o g r a -
fo ci fa
incont
r a r e
F r a n -
c e s c o
q u a n d o
ha pressappoco
venticinque
anni, cioè proprio
a ridosso
della conversione,
perché è
da quel
momento
che
per gli
ammiratori
d e -
voti è
interessante
conoscere
particolari e notizie: Tommaso in effetti
non raccontò una vita intera, ma solo
la seconda metà, quella del giovane
uomo avviato a divenire e divenuto
santo: immediatamente famoso, discusso
e inquietante.
Dalla Leggenda dei tre Compagni, cioè
Angelo, Rufi no e Leone, alcuni fra gli
amici più cari, veniamo a sapere che
Francesco, nato mentre il padre, mercante
di stoffe, si trovava in Francia,
era stato dato dalla madre il nome di
Giovanni; il genitore però, tornato nel
frattempo, aveva cominciato a chiamare
suo fi glio “Francesco”, come a dire “il
francese”. Evidentemente fu un soprannome
fortunato e il fi glio, anche da
grande, accettò di lasciarsi chiamare da
tutti così; potrebbe essere la prima spia
di un certo atteggiamento provocatorio
e baldanzoso di Francesco, cosciente
di essere destinato a segnalarsi e a distinguersi
dai coetanei e perciò perfettamente
d'accordo che occorresse un
soprannome.
Solo fonti tarde e non molto sicure
dicono che la madre (Pica, Giovanna?
Anche il nome è tutt'altro che certo)
fosse nobile di origine francese. Il marito,
Pietro di Bernardone, con un gesto
d'affetto avrebbe voluto ricordare
il paese della moglie nel nome del fi -
glio; si comprenderebbe così nel modo
più ovvio perché Francesco amasse
tanto esprimersi in francese, se davvero
questa era la lingua materna della
sua infanzia. È una bella spiegazione,
per un nome a quei tempi ancora
molto raro (“singolare e inconsueto”,
nota Tommaso da Celano) ma, anche
se preferita dai registi cinematografi -
ci che hanno raccontato più volte la
storia di Francesco, non ha basi solide.
Si è pensato poi che il padre volesse
con quel nome augurare al fi glio un
lieto futuro di consistenti guadagni,
nel ricordo dei buoni affari appena
conclusi in terra di Francia mentre il
neonato vedeva la luce. Oppure si potrebbe
pensare che per un complesso
d'inferiorità rispetto ai nobili di antica
origine, Pietro volesse distinguere il
fi glio con un appellativo particolare
e mai ricorrente nella sua famiglia di
semplice mercante arricchito.
Può darsi però che il soprannome sia
stato dato a Francesco già grande per
l'entusiasmo con cui leggeva, in quei
tempi necessariamente il francese, le
“canzoni di gesta”, i romanzi di Artù e
dei cavalieri della Tavola Rotonda. Quei
racconti dove si esaltavano il valore dei
combattenti, l'amore disinteressato per
la bella dama, la lealtà, la generosità, la
cortesia, le virtù che allora, idealmente,
appartenevano ai nobili e ai cavalieri,
esercitarono sul giovane Francesco
un'impressione profonda – come vedremo
nella prossima puntata.
Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.
Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA