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La storia di Francesco / 1

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

di Chiara Frugoni





“Viveva ad Assisi, nella valle spoletana, un uomo di nome Francesco”: così comincia a narrare Tommaso da Celano, il primo biografo del Santo. Quel che a noi sembrerebbe un inizio da “c'era una volta” voleva essere invece una dotta allusione; Tommaso era un frate molto colto e infatti non si lasciò sfuggire un bell'inizio, copiando dalla Bibbia l'attacco del libro di Giobbe: “Viveva nella terra di Uz un uomo di nome Giobbe”. Il nostro b i o g r a - fo ci fa incont r a r e F r a n - c e s c o q u a n d o ha pressappoco venticinque anni, cioè proprio a ridosso della conversione, perché è da quel momento che per gli ammiratori d e - voti è interessante conoscere particolari e notizie: Tommaso in effetti non raccontò una vita intera, ma solo la seconda metà, quella del giovane uomo avviato a divenire e divenuto santo: immediatamente famoso, discusso e inquietante. Dalla Leggenda dei tre Compagni, cioè Angelo, Rufi no e Leone, alcuni fra gli amici più cari, veniamo a sapere che Francesco, nato mentre il padre, mercante di stoffe, si trovava in Francia, era stato dato dalla madre il nome di Giovanni; il genitore però, tornato nel frattempo, aveva cominciato a chiamare suo fi glio “Francesco”, come a dire “il francese”. Evidentemente fu un soprannome fortunato e il fi glio, anche da grande, accettò di lasciarsi chiamare da tutti così; potrebbe essere la prima spia di un certo atteggiamento provocatorio e baldanzoso di Francesco, cosciente di essere destinato a segnalarsi e a distinguersi dai coetanei e perciò perfettamente d'accordo che occorresse un soprannome. Solo fonti tarde e non molto sicure dicono che la madre (Pica, Giovanna? Anche il nome è tutt'altro che certo) fosse nobile di origine francese. Il marito, Pietro di Bernardone, con un gesto d'affetto avrebbe voluto ricordare il paese della moglie nel nome del fi - glio; si comprenderebbe così nel modo più ovvio perché Francesco amasse tanto esprimersi in francese, se davvero questa era la lingua materna della sua infanzia. È una bella spiegazione, per un nome a quei tempi ancora molto raro (“singolare e inconsueto”, nota Tommaso da Celano) ma, anche se preferita dai registi cinematografi - ci che hanno raccontato più volte la storia di Francesco, non ha basi solide. Si è pensato poi che il padre volesse con quel nome augurare al fi glio un lieto futuro di consistenti guadagni, nel ricordo dei buoni affari appena conclusi in terra di Francia mentre il neonato vedeva la luce. Oppure si potrebbe pensare che per un complesso d'inferiorità rispetto ai nobili di antica origine, Pietro volesse distinguere il fi glio con un appellativo particolare e mai ricorrente nella sua famiglia di semplice mercante arricchito. Può darsi però che il soprannome sia stato dato a Francesco già grande per l'entusiasmo con cui leggeva, in quei tempi necessariamente il francese, le “canzoni di gesta”, i romanzi di Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Quei racconti dove si esaltavano il valore dei combattenti, l'amore disinteressato per la bella dama, la lealtà, la generosità, la cortesia, le virtù che allora, idealmente, appartenevano ai nobili e ai cavalieri, esercitarono sul giovane Francesco un'impressione profonda – come vedremo nella prossima puntata.

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