religione

Il Papa all'Angelus: Apriamoci alla luce di Dio

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Non rimanere “ciechi nell’anima”, ma aprirsi “alla luce, a Dio e alla sua grazia”. È l’esortazione di Papa Francesco all’Angelus, in una Piazza San Pietro gremita da 50 mila fedeli.

Nella quarta domenica di Quaresima, il Vangelo di Giovanni presentava la figura del cieco nato: il Pontefice ha più volte esortato a rileggerne il brano.

La nostra vita a volte “è simile a quella del cieco che si è aperto alla luce, a Dio e alla sua grazia”; a volte purtroppo “è un po’ come quella dei dottori della legge”, dei farisei, che sprofondarono "sempre più nella cecità interiore”: “dall’alto del nostro orgoglio giudichiamo gli altri, e perfino il Signore”.

La riflessione di Papa Francesco all’Angelus ha preso spunto dall’episodio evangelico dell’uomo cieco dalla nascita, al quale Gesù dona la vista: alla fine, mentre i “presunti vedenti” continuano a rimanere ciechi, il cieco guarito “approda alla fede” ed è questa, ha detto il Pontefice, la “grazia più grande che gli viene fatta” da Cristo: “conoscere Lui, che è ‘la luce del mondo’”.

“Oggi, siamo invitati ad aprirci alla luce di Cristo per portare frutto nella nostra vita, per eliminare i comportamenti che non sono cristiani”. Eppure “tutti noi”, ha sottolineato il Santo Padre, abbiamo comportamenti alcune volte non cristiani, comportamenti che sono peccati”: “Dobbiamo pentirci di questo ed eliminare questo comportamento per camminare decisamente sulla via della santità”. L’evangelista Giovanni, ha ricordato il Papa, vuole dunque attirare l’attenzione proprio su ciò “che accade anche ai nostri giorni”: “Tante volte un’opera buona, un’opera di carità suscita chiacchiere, discussioni perché ci sono alcuni che non vogliono vedere la verità”.

L’episodio del cieco nato, “che - ha aggiunto il Pontefice - fa vedere il dramma della cecità interiore di tanta gente, anche la nostra”, ci riconduce al Battesimo: “Nel Battesimo noi siamo stati illuminati affinché, come ci ricorda San Paolo, possiamo comportarci come ‘figli della luce’, con umiltà, pazienza, misericordia”. Il Papa ha quindi consigliato di rileggere il brano del capitolo 9 del Vangelo di Giovanni: “Vi farà bene, perché così vedete questa strada dalla cecità alla luce e quell’altra strada cattiva verso una più profonda cecità. E domandiamoci: come è il nostro cuore? Com’è il mio cuore, com’è il tuo cuore, com'è il nostro cuore? Io ho un cuore aperto o un cuore chiuso? Aperto o chiuso verso Dio? Aperto o chiuso verso il prossimo? Sempre abbiamo in noi qualche chiusura nata dal peccato, nata dagli sbagli, dagli errori: non abbiamo paura, non abbiamo paura!

Apriamoci alla luce del Signore: Lui ci aspetta sempre. Lui ci aspetta sempre. Per farci vedere meglio, per darci più luce, per perdonarci. Non dimenticate questo: Lui ci aspetta sempre”. Il Pontefice ha quindi affidato alla Vergine Maria “il cammino quaresimale, perché anche noi, come il cieco guarito, con la grazia di Cristo possiamo ‘venire alla luce’, rinascere a vita nuova”. Dopo la recita dell’Angelus, il Santo Padre ha salutato i fedeli presenti, tra cui i “militari italiani che hanno compiuto un pellegrinaggio a piedi da Loreto a Roma, pregando - ha detto - per la pacifica e giusta risoluzione delle contese”: “Questo è molto bello: Gesù, nelle Beatitudini, dice che sono beati coloro che lavorano per la pace”. Il Papa ha infine salutato pure i rappresentanti del Wwf-Italia, “incoraggiandoli nel loro impegno a favore dell’ambiente”.(Avvenire)

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