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Lo sapevate che la Basilica di San Francesco stava per chiudere?

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Assisi: dopo il 1860 lo Stato confiscò le sedi religiose. Sessant'anni di lotta, poi l'intesa

Il Sacro Convento di Assisi ha rischiato di estinguersi per mancanza di frati. Lo Stato gli aveva concesso la sopravvivenza a termine: doveva chiudere i battenti nel momento in cui sarebbe rimasto con tre soli religiosi. Quanti umbri sanno che il monumento, oggi centro religioso universale, è stato sul punto di dissolversi nel contesto di una fiera controversia tra la Santa Sede e il governo italiano che, con una confisca, aveva fatto l'asso pigliatutto? Un braccio di ferro condotto tra il 1860 e il 1927 e intessuto di carte bollate, tribunali, tentativi di transazione, incontri e scontri. Decenni con lo Stato e la Chiesa ai ferri corti. Dure dispute in un periodo di pervicace anticlericalismo.


Tutto cominciò l'11 dicembre 1860 con il Decreto del Commissario Gioacchino Pepoli (delegato per l'Umbria) che soppresse tutte le Corporazioni religiose. Un drastico provvedimento anticipatore della legge nazionale 7 luglio 1866 (confische in tutta Italia) che consentì anche al Comune di Assisi di servirsi («per iscopo di pubbliche beneficienze») dei beni delle Corporazioni soppresse. L'amministrazione assisiate collocò in quei locali il Collegio Principe di Napoli, per gli orfani dei maestri elementari italiani. Collegio che col tempo si estese fino all'Appartamento papale e alla biblioteca francescana. La lite si risolse grazie alla determinazione e alla raffinata competenza giuridica di un diplomatico, il conte Maggiorino Capello, che riuscì a dimostrare, per quello storico monumento, la secolare e legittima proprietà della Santa Sede. Decisivo fu il reperimento della Bolla «Recolantes qualiter» del 21 ottobre 1228 con la quale Papa Gregorio XI, collocando la prima pietra della Basilica, accettò, per sé e per i suoi successori, la donazione del terreno di Simone di Puccio e di Monaldo di Lionardo.


Maggiorino Capello, incaricato dal Sacro Collegio cardinalizio di mettersi al servizio della causa, assunse l'impegno con tanta dedizione da fissare la sua residenza ad Assisi. Al suo fianco, in particolare, il cardinale Gaetano De Lai, delegato apostolico per la Basilica. E' enorme la documentazione posta all'attenzione dello Stato italiano: continue Bolle Papali (protrattesi nei secoli) hanno ribadito, per quel bene, l'assoluta proprietà della Sede Apostolica, delineando prerogative e privilegi identici a quelli riconosciuti alla basiliche patriarcali della città di Roma. Il Conte Capello assunse, nel 1918, l'incarico di rappresentare, in ogni sede, le istanze del Vaticano: sfoderando documenti reperiti in antiche biblioteche, già il 19 maggio 1919 ottenne il riconoscimento, per la Santa Sede, della proprietà sul santuario di Assisi. E nel 1921 strappò alla giunta municipale (sindaco Ernesto Mestrallet) la procedura per il trasferimento del Convitto che si era installato nel Sacro Convento. Il suo lavoro fu affiancato anche da Eugenio Pacelli, futuro Papa Pio XII. Maggiorino Capello alla fine la spuntò muovendo da una motivazione iniziale tutt'altro che secondaria: «Pepoli è partito dal falso presupposto che i sacri edifizi (compresi nel Decreto di soppressione) appartenessero ai Frati Conventuali di san Francesco. A quali permise soltanto di continuare ad abitarvi in via provvisoria fino a che fossero ridotti al numero minore di tre». La fine della lite il 4 ottobre 1927: a nome del governo italiano il ministro Pietro Fedele restituì il Sacro Convento. E il Convitto venne trasferito in piazza Nuova. Così il ‘cuore' dei francescani è arrivato sino ad oggi. (La Nazione Umbria)

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