Le visite dei pontefici
Una festa per la Custodia: festa della nostra famiglia, di tutti noi figli della Custodia Generale del S. Convento di S. Francesco.
Il significato della festa della Custodia: ringraziamento a Dio per la nostra famiglia-fraternità custodiale; verifica e rilancio della nostra identità personale e comunitaria: uomini di Dio (cristiani), chiamati alla sequela (discepoli di Gesù) nella famiglia di Francesco (francescani), destinati-incaricati e inviati per la missione evangelica, dal S. Convento-Assisi, nel mondo d'oggi.
La nostra vita. In questa circostanza viene spontaneo soffermarsi sul mistero dell'esistenza di ciascuno nell'anno di grazia 2012.
Siamo in tanti, provenienti da località, culture e sensibilità le più disparate, ciascuno col suo percorso di maturità umana e cristiana valutato in riferimento all'età, ai doni ricevuti, alle opportunità che la Provvidenza ci ha offerto. Siamo contenti di esistere, del dono della vita? Siamo soddisfatti del percorso e degli obiettivi di maturità umana e cristiana conseguiti in questo anno della nostra vita? Ci percepiamo come uomini, che condividono la condizione umana dei propri fratelli, dei propri simili, con serenità, in atteggiamento conviviale, costruttivo, verso il miglioramento dell'umanità? Ci sentiamo esseri, persone religiose, cristiani, che interpretano la loro esistenza da uomini di Dio, avendo Dio come luce e criterio delle proprie scelte?
Nell'esperienza quotidiana acquistiamo consapevolezza sempre più netta di essere diversi dai nostri… padri. Siamo figli del nostro tempo, feriti dal peccato originale, che si esprime oggi col virus dell'individualismo, dell'edonismo-materialismo e del consumismo. Esposti a vari gradi di Narcisismo, in quotidiana concorrenza con vicini e lontani.
Solo un'azione e una volontà forte ed esplicita può portarci a camminare sulle sabbie mobili della mondanità, ormai di casa nelle nostre comunità e nella nostra mente (grazie anche ad internet, stampa…), lasciandoci elevare dalla Grazia e dall'amore di Dio, come s. Giuseppe da Copertino, verso le realtà celesti. Questo mondo ci piace, indugiamo nelle sue gratificazioni e purtroppo spesso sprofondiamo nella mediocrità quotidiana, poco attenti alla prospettiva del padre S. Francesco che dall'incontro con ogni creatura si innalzava alla lode del Creatore.
Siamo una comunità, composta di fratelli, col progetto di diventare fraternità. Siamo stati chiamati dall'obbedienza a vivere la propria vocazione, e a dare testimonianza dell'amore per Gesù Cristo in questo luogo, cuore dell'Ordine e del carisma, durante un periodo particolare della nostra esistenza e in un tempo, destinato a diventare kairos - tempo dell'incontro con Dio per ciascuno, per la storia dell'umanità e della Chiesa.
Forse non avremmo mai immaginato di trovarci qui, accanto a fratelli, che non conosciamo, provenienti dalle parti più remote del mondo, dal colore della pelle variopinto, dagli accenti singolari, dagli odori penetranti, dalle sensibilità diverse e a volte indecifrabili, col progetto di diventare un cuore solo e un'anima sola.
Siamo tra fratelli, che a volte facciamo fatica a comprendere, ma che ci sono stati dati come dono del Signore. Un dono che forse avremmo fatto volentieri a meno di ricevere, ma è quello che il Signore vuole che accettiamo, e con gioia. Sono essi i compagni di viaggio, con i quali, sull'esempio di Francesco, siamo chiamati a modellare la nostra personalità nella conformazione a Cristo, a diventare cristiani, santi, e a proporre al mondo il messaggio di amore e speranza del Vangelo di Gesù.
La fraternità, che siamo chiamati a edificare con loro è il primo compito e la missione che qui e ora dobbiamo testimoniare all'Ordine, alla Chiesa e al mondo. Lo so che è difficile, che a volte facciamo fatica a comprendere, che non ci soddisfa, ma è qui la volontà di Dio, è questo ciò che di S. Francesco ci ha affascinato, per questo ideale abbiamo speso la nostra vita: Una fraternità di frati minori, penitenti, in continua conversione nella sequela di Gesù, avendo come modello Francesco e la sua prima fraternità.
Vita prima
386 Proprio lui infatti fondò l'Ordine dei frati minori, ed ecco in quale occasione gli diede tale nome. Mentre si scrivevano nella Regola quelle parole: «Siano minori», appena l'ebbe udite esclamò: «Voglio che questa Fraternità sia chiamata Ordine dei frati minori». E realmente erano «minori»; «sottomessi a tutti» e ricercavano l'ultimo posto e gli uffici cui fosse legata qualche umiliazione, per gettare così. le solide fondamenta della vera umiltà, sulla quale si potesse svolgere l'edificio spirituale di tutte le virtù.
387 E davvero su questa solida base edificarono, splendida. la costruzione della carità. E come pietre vive, raccolte, per così dire, da ogni parte del mondo, crebbero in tempio dello Spirito Santo. Com'era ardente l'amore fraterno dei nuovi discepoli di Cristo! Quanto era forte in essi l'amore per la loro famiglia religiosa!
Erano felici quando potevano riunirsi, più felici quando stavano insieme; ma era per tutti pesante il vivere separati, amaro il distacco, doloroso il momento dell'addio. Questi docilissimi soldati non anteponevano comunque nulla ai comandi della santa obbedienza; vi si preparavano anzi in anticipo, e si precipitavano ad eseguire, senza discutere e rimosso ogni ostacolo, qualunque cosa veniva loro ordinata.
388 Da cultori fedeli della santissima povertà, poiché non possedevano nulla, non s'attaccavano a nessuna cosa, e niente temevano di perdere.
389 Di giorno, quelli che ne erano capaci, si impegnavano in lavori manuali, o nei ricoveri dei lebbrosi o in altri luoghi, servendo a tutti con umiltà e devozione.
391 Non cessavano quasi mai di pregare e lodare il Signore; esaminando ogni loro azione, ringraziavano Dio per il bene fatto e piangevano amaramente per le colpe e negligenze commesse.
393 Ma mentre erano così severi con se stessi, il loro contegno era sempre garbato e pacifico con tutti; e attendevano solo a opere di edificazione e di pace, evitando con grande cura ogni motivo di mal esempio. Parlavano solamente quando era necessario, né mai dicevano parole scorrette o vane. In tutta la loro vita e attività non si poteva trovare nulla che non fosse onesto e retto. Dal loro atteggiamento traspariva sempre compostezza e modestia; e mortificavano talmente i propri sensi che non vedevano né sentivano se non quello che era essenziale e doveroso: sguardo rivolto a terra e mente fissa al cielo. Gelosia, malizia, rancore, diverbi, sospetto, amarezza non trovavano posto in loro, ma soltanto grande concordia, costante serenità, azioni di grazia e di lode. Ecco i princìpi con i quali Francesco educava i suoi nuovi figli, e non semplicemente a parole, ma soprattutto con le opere e l'esempio della sua vita.
La festa della Immacolata di Lourdes, alla quale è affidata la Custodia, è un richiamo alla conversione, alla dimensione battesimale, alla preghiera e alla fiducia nella realizzazione del disegno di Dio per ciascuno e per la nostra fraternità. Alla materna protezione di Maria affidiamo le nostre speranze.
Consegno a ciascuno di voi l'ideale della fraternità, delineato da Tommaso da Celano con l'augurio di appropriarci ogni giorno di quei valori che Francesco ha posto quale fondamento e patrimonio della nostra vocazione e missione, qui al S. Convento e nella Custodia.
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