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Vergine fatta Chiesa

Felice Accrocca
Pubblicato il 30-11--0001



Francesco nutriva una devozione fi liale nei riguardi della Madre del Signore, che defi niva, con espressione di straordinario spessore teologico, come la “Vergine fatta Chiesa”. In lei, “Sposa dello Spirito Santo”, egli contemplava non tanto la grandezza dei doni divini ricevuti, che pur aveva costantemente presenti, ma l'umile sequela del Cristo, la sua inimitabile storia di comunione con il Figlio divino, la straordinaria esperienza di vita che la portò a condividere – come nessun'altra creatura – la vita quotidiana del Salvatore. Per un lungo spazio di trent'anni Madre e Figlio vissero l'uno accanto all'altra, assimilandosi reciprocamente. Maria, perciò, condivise in tutto e per tutto le scelte di Lui. Secondo Tommaso da Celano, l'amore “indicibile” che Francesco nutriva per la Madre di Cristo era motivato dal fatto che Ella “aveva reso nostro fratello il Signore della maestà”. Nella Lettera a tutti i fedeli, il Santo ricorda infatti che “l'altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità. Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà”. Maria – dunque – ha dato a Cristo la sua carne e Cristo, assieme a Lei, ha scelto la povertà. Ecco dunque svelata la grandezza della Madre: partecipò appieno alle scelte del Figlio divino, eleggendo – come Lui – una vita povera, perché la “santa povertà – dice ancora Francesco – confonde la cupidigia e l'avarizia e le preoccupazioni del secolo presente”. Tanto che, rimproverando un frate che si era espresso in modo negativo su un poveraccio, da lui giudicato ricco nel desiderio, Francesco gli disse: “Quando vedi un povero, fratello, ti è messo innanzi lo specchio del Signore e della sua Madre povera”. Ed è ancora Tommaso a riferire che egli “non poteva ripensare senza piangere in quanta penuria si era trovata”, alla nascita del Figlio, “la Vergine poverella”. “Una volta, mentre era seduto a pranzo, un frate gli ricordò la povertà della beata Vergine e l'indigenza di Cristo suo Figlio. Subito si alzò da mensa, scoppiò in singhiozzi di dolore, e col volto bagnato di lacrime mangiò il resto del pane sulla nuda terra. Per questo – specifi ca l'agiografo – chiamava la povertà virtù regale, perché rifulse con tanto splendore nel Re e nella Regina.” La tradizione cristiana si è sforzata di attribuire a Maria i titoli più belli e più altisonanti; l'ha rivestita con scettri e corone, poiché Regina potente presso il trono dell'Altissimo. Tutto ciò – che è vero e sacrosanto – non deve però farci dimenticare la causa di tanta grandezza, scaturita da una risposta di fede e da una partecipazione piena alle umili scelte del Salvatore. Una realtà, questa, che Francesco ebbe sempre presente.

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